In Veneto la truffa delle biomasse a chilometro zero: ecco come funziona
BELLUNO. Più alberi di quelli che i lotti assegnati avrebbero potuto produrre: ci sono truffa e falso ideologico dietro il conferimento di tonnellate e tonnellate di biomassa a due centrali di produzione di energia elettrica del Bellunese, da parte di due ditte che operano nella zona. In quattro, dopo le indagini dei carabinieri forestali di Mel, sono stati rinviati a giudizio nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla procura.
A processo andranno i due titolari delle ditte indagate assegnatarie dei lotti di bosco, un dipendente di una di queste e un tecnico forestale, un professionista che avrebbe certificato il materiale mandato alle centrali. Tutti e quattro sono accusati in concorso.
L’inchiesta della stazione carabinieri forestale di Mel, coordinata dalla Procura, ha fatto emergere presunte irregolarità sul triennio 2014-2016 su alcuni lotti boschivi delle province di Belluno e Vicenza.
Le due ditte di lavori forestali della provincia di Belluno avevano visto assegnare nel triennio una serie di lotti di bosco in Valbelluna, per i quali produrre biomassa legnosa, fonte energetica di nuova generazione: si tratta di frazione dei prodotti, scarti e residui di origine biologica proveniente da utilizzazioni forestali.
Biomassa legnosa usata per produrre energia: fonti energetiche che si rinnovano velocemente rispetto a quelle fossili e producono energia a emissioni zero. La filiera è tra l’altro “corta”, caratterizzata da spostamenti limitati dal bosco alla centrale elettrica: insomma, combustibile a “chilometri zero”, e anche a emissioni controllate e meno impattanti.
Nel caso di indagine dei carabinieri forestali, però, la filiera corta era un paravento.
I carabinieri forestali hanno accertato che presso le due centrali di produzione di energia elettrica, la Sicet e la Ced (che sono parte lesa nel procedimento) erano state conferite circa 27. 874 tonnellate di biomassa in regime di “filiera corta”: in realtà quelle tonnellate offerte dalle ditte indagate, avevano una provenienza diversa da quella dichiarata.
Dunque anche il sistema di incentivi che muove parallelamente, “foraggia” sia le aziende che i siti produttivi: non a caso per i carabinieri, il traffico avrebbe presuntivamente fruttato in più circa 160mila euro per le aziende e un danno erariale per incentivi di quasi 730mila euro ricevuti dalle centrali a biomassa, su cui indaga la Corte dei conti.
I carabinieri, a carico dei quattro coinvolti, avrebbero dunque accertato documentalmente, false attestazioni necessarie a percepire gli incentivi previsti per il conferimento di “biomassa da filiera corta”.
Si presume che il conferimento di materiali legnosi, dichiarati provenienti da uno specifico lotto, in realtà erano in quantità oggettivamente superiori a quelle riferibili a quel determinato bosco. Anche il funzionario del Ministero Politiche Agricole, preposto al controllo documentale propedeutico al finanziamento, sarebbe stato tratto in inganno.
Per gli inquirenti, le circa 27.874 tonnellate oggetto di controllo, avrebbero indebitamente fruttato alle due ditte (dalle centrali destinatarie finali del prodotto) 6953 euro e 149.690, 26 euro, quale sovrapprezzo per il conferimento di materiale legnoso indicato come da “filiera corta” e poi risultato non essere tale.
Una reazione “a catena” perché, in conseguenza della presunta truffa il Gestore Servizi Energetici a sua volta avrebbe indebitamente erogato alle centrali incentivi previsti per la filiera corta per 723.478,08 euro. Su questa somma è in corso un’istruttoria della Corte dei Conti per danno erariale, dopo la segnalazione degli stessi carabinieri forestali.
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