Incendio in casa, muore carbonizzato

Quarto d’Altino: disabile si addormenta con la sigaretta accesa, tenta di sfuggire alle fiamme ma la porta resta bloccata
Di Marta Artico
Interpress/gf.tagliapietra. 15.04.2015.- Conferenza stampa di Renzo Rosso sul restauro del ponte di Rialto. Nella foto
Interpress/gf.tagliapietra. 15.04.2015.- Conferenza stampa di Renzo Rosso sul restauro del ponte di Rialto. Nella foto

QUARTO D'ALTINO. Ha tentato di salvarsi fino all’ultimo istante, fino a che è stato sopraffatto dal fumo e dalle fiamme che ne sono seguite e l’hanno a poco a poco vinto. Paolo Bergamo, 51 anni, è morto così, nella notte di mercoledì sera, all’interno di quel suo appartamento al terzo piano del condominio Ater di piazza San Michele che blindava a doppia mandata per non essere disturbato dai parenti che cercavano di riportarlo alla realtà quando si assopiva sul divano con la sigaretta accesa. Forse anche la scorsa notte, il copione è stato lo stesso. Solo che questa volta si è svegliato troppo tardi, quando il mozzicone consumato tra le dita aveva già innescato l’incendio che ha divorato la sua casa, portandoselo con sé assieme ai ricordi più belli: quelli di quando stava bene, di quando aveva la gamba tutta intera e inseguiva i suoi sogni nel campo da calcio di Quarto convinto che il suo futuro sarebbe stato il pallone, l’unica cosa che lo rendeva felice. Una tragedia nella tragedia quella che si è consumata mercoledì sera.

Le fiamme. Poco dopo le 22 i vicini hanno sentito il fumo e si sono precipitati. Prima ci ha provato il signor Ferruccio, poi è stato chiamato lo zio Ivano, che abita nello stesso stabile. «Sono andato in fondo al corridoio», racconta, «sentivamo battere da dentro, Paolo bussava e bussava, ma la porta non si apriva e io non ci riuscivo, non ce la facevo ad aprirla». Lo faceva spesso, la chiudeva a doppia mandata con la chiave lasciata a mezzo giro, per non farsi disturbare da chi aveva le chiavi. Minuti eterni. Poi Paolo ha smesso di battere, come il suo cuore. Parenti e vicini hanno desistito, il fumo oramai impregnava ogni cosa. Sul posto i Vigili del fuoco di Mestre e San Donà, arrivati a spegnere il rogo, che aveva avvolto tutto, tanto da far scoppiare come una bomba le vetrate dell’abitazione. Evacuati gli abitanti ancora increduli riuniti in piazza in attesa, spento l’incendio, messo sotto sequestro l’appartamento devastato. Sull’episodio, di cui si esclude il dolo, indagano i carabinieri di Meolo e di San Donà. Per ora, solo ipotesi, come quella del mozzicone, la più accreditata. Adesso ci saranno le indagini della Procura che ha aperto un fascicolo.

Tragedia. Del corpo di Paolo, è rimasto poco, le fiamme lo hanno ridotto in cenere. Lo ricorda bene chi lo conosceva. Era senza una gamba a causa di un incidente che lo aveva segnato da adolescente, usava le stampelle, girava in bici, di tanto in tanto cadeva, davanti a tutti, in piazza. Ma voleva farcela da solo, non voleva aiuti. Due matrimoni alle spalle, un’invalidità che pesava sempre di più, scelte sbagliate, un disagio che cresceva. La mamma, Paola Gasparello, torna con la mente a trentacinque anni prima. «Paolo ha smesso di vivere quando ha perso la gamba».

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