Jethro Tull a Padova, parla Ian Anderson: «La mia più grande ispirazione è Beethoven ma il flauto lo suono grazie a Clapton»

PADOVA. I leggendari Jethro Tull domenica 3 novembre (inizio alle 21.15), conquisteranno il Gran Teatro Geox di Padova con un’attesa tappa del loro “Jethro Tull 50 Anniversary Tour”. Ne parla intervistato Ian Anderson, leader di una delle band più rappresentative del progressive rock britannico.
Ian Anderson, cosa ci può anticipare del concerto?
«È uno dei nostri spettacoli con cui celebriamo i 51 anni dei Jethro Tull. Inizieremo con la musica del primo album e proseguiremo con i brani degli anni Settanta e Ottanta».
È morto Ginger Baker. Come lo ricorda?
«È stato un grandissimo batterista, e parte del motivo per cui sono diventato un musicista. Da ragazzo comprai “The Sounds of 65”, il primo album della Graham Bond Organization in cui militarono Ginger Baker e Jack Bruce, prima di formare i Cream con Eric Clapton. Era un disco in cui il jazz si mischiava con il blues e che ha posto le basi per il progressive rock».
E dal punto di vista umano?
«Era un uomo arrabbiato ed è stato schiavo dell’eroina e di altre droghe per anni. Mi invitò a suonare con lui al concerto in tributo a Jack Bruce. Aveva passato molto tempo a litigare con Jack ma almeno lì c’era. Sfortunatamente a metà dell’esibizione ha abbandonato il palco, che non è la cosa più bella che possa accadere. Ma immagino che se Jack dal cielo avesse visto, avrebbe sorriso e pensato: “Tipico di Ginger”. In quel periodo, Baker aveva molti problemi e non era fisicamente in grado di reggere le esibizioni».
Fu un concerto di Clapton a convincerla a vendere la chitarra e comprare il flauto, forse dovrebbe ringraziarlo.
«Ci ho provato ma non l’ho mai incontrato, se lo dovessi vedere gli direi: “Grazie per avermi mostrato la strada”. Nel 1967, dopo aver assistito a una sua esibizione con i Cream ho capito di aver bisogno di un altro strumento: il flauto, perché non sarei mai potuto diventare stato un chitarrista bravo come Eric».
Quale musicista l’ha influenzata maggiormente?
«Beethoven. Mi sono sempre piaciute le sue composizioni e il senso del dramma e del teatro delle sue sinfonie. I grandi della musica classica hanno fornito una buona lezione a noi che alla fine degli anni Sessanta eravamo giovani pionieri del prog. Non siamo stati influenzati dagli americani, la nostra musica era europea, tutte le prime grandi progressive band erano del Regno Unito. Poi, abbiamo influenzato molti musicisti italiani, spagnoli, russi e latinoamericani».
Ci sono stati artisti contemporanei importanti per lei?
«Roy Harper mi ha fatto capire che potevo prendere la chitarra acustica e scrivere canzoni».
Le storie dei suoi album, così articolate, suggeriscono un amore per la letteratura.
«La musica non imita la letteratura ma trae ispirazione dall’arte pittorica e dalla fotografia. Scatto una foto con la mente e poi provo a usarla per creare su un palcoscenico teatrale su cui si far vivere i miei personaggi».
Come è nata l’idea del sequel di “Thick as a brick”?
«Me l’avevano chiesto le case discografiche e i fan, ma io non me la sentivo di farlo. Poi, parlando con Derek Shulman dei Gentle Giant, ho cominciato a chiedermi oggi cosa farebbe Gerald Bostock. Quando ho creato il protagonista di “Thick as a brick”, era un bambino di 8 anni, mentre ora avrebbe 50 anni. Oggi, sarebbe un politico? Un astronauta? Un ufficiale dell’esercito? Un poliziotto? Un contadino? L’idea del sequel è nata esplorando non una ma diverse possibilità parallele di ciò che Gerald potrebbe essere diventato».
“This was” è stato il primo album ma il secondo, “Stand up”, è stato più importante per i Jethro Tull. È d’accordo?
«Sì, è per questo che “Stand up” lo chiamo il primo album. Avevo ragione quando ho deciso di lasciarmi alle spalle l’idea della blues band, per scrivere musica più creativa. Nel 1969, quando uscì “Stand Up” e demmo il via alla tradizione musicale dei Jethro, la stampa cominciò a definirci un progressive rock band. Mi piace il termine progressive ma non sono sicuro della definizione progressive rock perché è un po’ troppo pomposo e complesso e la maggior parte della mia musica non è particolarmente complessa, anche se penso che vada oltre il mondo di Ed Sheeran».
Biglietti ancora disponibili, da 34,50 euro a 60, ridotti per studenti 25,30. —
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