La bora è Trieste, Trieste è la bora. E ha il suo museo

TRIESTE. Nuvole che si schiudono e odore di risacca. Sempre inaspettata arriva la bora e racconta di posti lontani. Quando è gentile si limita a rubare cappelli, gonfia pastrani e culla le navi. Ma quando si arrabbia scoperchia le case, affonda le barche, ruggisce agli alberi. Irrequieta, impalpabile, spirituale, ha il potere di trasformare tutto ciò che tocca. Per le strade si avvistano borse volanti, bidoni dell’immondizia che aprono minacciosi le fauci, sagome incerte di passanti. Scene come queste non capitano ovunque.
La bora è l’anima di Trieste.

«Un po’ scienza, meteorologia, arte, letteratura, ma soprattutto uno spazio della fantasia. La bora può essere tante cose, una leggendaria strega che vive in una grotta, una favola di Rodari ma è anche il vento con il maggior sense of humor» spiega Rino Lombardi, che alla bora ha deciso di dare una casa.
«Certo bisogna essere un po’ matti e anche visionari per farlo» si affretta a precisare. Difficilissimo mettere la bora in una teca, sfugge da tutte le parti, non si lascia acchiappare, sussurra ritornelli di pirati, si infila dispettosa nei cortili. Libera e disinvolta, non è disposta a restare intrappolata. L’unico modo per convincerla è stato darle un palco tutto suo.
Così, nel 2004, a due passi dal mare è nato il Museo della Bora, il Magazzino dei Venti che racchiude i respiri del mondo.

«Tutto ha avuto inizio da un barattolo. I souvenir delle arie esistono da tempo immemore, ma una ventina d’anni fa pensavo a come realizzare una scatola che potesse contenere un refolo di bora vintage. Da quel barattolo mi si è aperto un mondo» ricorda Lombardi.

La costruzione di una piccola centrale di documentazione eolica, una biblioteca del vento e come un aquilone il progetto ha preso il volo: “20 indizi” guidano in un viaggio tra memoria e creatività alla scoperta del vento freddo del Nordest che porta il sereno.
Ci si imbatte in uno stupefacente zibaldone delle arie che attraversano il pianeta: 230 venti racchiusi in contenitori di tutte le fogge. Bottiglie, cestini, cartocci, fin da Australia e Giappone. Quasi la metà dei visitatori, una volta tornata a casa, spedisce il proprio vento e si diventa ambasciatori eolici con tanto di diploma. Emozioni dal passato ascoltando la pubblicità radiofonica dell’agenzia Testa intitolata “audioguida”, l’ebbrezza di aggrapparsi a una delle celebri corde della bora.

Una piccola galleria d’autore rappresenta il fenomeno in chiave artistica, con le tele ventose di Pascutto, Pastrovicchio e Pezzolato. Alcune pagine aperte raccontano il rapporto di Trieste con la sua bora. Gli articoli del Piccolo descrivono le raffiche più impetuose, era il 1954 quando il “vent” raggiunse i 171 km/h.

Nella sala del soffio ci si trova nel mezzo della buriana e a macchine speciali per catturare il vento e oggetti inventati per subirlo meno, dalle mollette per il bucato alle vele tecnologiche. Fotografie in bianco e nero, ma anche scritti e ricerche. Un decalogo per i soldati della Prima Guerra Mondiale sulle direzioni del vento e l’utopistico progetto di un ingegnere ungherese che immaginava di incanalare la bora per allontanarla da Trieste.
Denso di commozione lo spazio dedicato al professor Silvio Polli, il mago della bora, massimo esperto in materia. Centinaia di libri, le poesie di Umberto Saba, le scene del Don Chisciotte che sguaina la spada contro i mulini a vento, le parole del poeta istriano Fulvio Tomizza.

La bora disse: «Porta ognuno a ritrovare una parte di se stesso rimasta immutata dai giorni dell’infanzia, e nel contempo uguaglia tutti, rendendoli anche solidali fra loro». Il vento non conosce confini, annulla le distanze, fa circolare merci e idee. Bellezza e paura, forza e fragilità. Tutta Trieste vibra insieme alla bora.
Al molo Audace le onde si rovesciano, sotto il monte Carso è impossibile passeggiare. «I triestini la detestano perché manda tutto all’aria, ma quando manca sperano che torni a portare giornate meravigliose» conclude Lombardi.
Il Museo della Bora, fedele alla sua natura, non può che lasciarsi sospingere. Per arrivare dove?
Chissà.

***
Visite su appuntamento. Per visite singole/piccoli gruppi
Meglio prenotare con qualche giorno di anticipo.
Per visite scolastiche
Meglio prenotare con qualche settimana di anticipo.
Ingresso
Dalla porta, per tutti.
Dalla finestra, per le foglie.
Magazzino dei Venti
Via Belpoggio, 9
Tel. +39 040 307478
museobora@iol.it
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova