La crisi di governo e la rabbia degli imprenditori veneti. «Politica vergognosa. E ci sono due Leghe»

Caduto nel vuoto l’appello del presidente di Assindustria Venetocentro  Destro, resta tanta delusione e proeccupazione per l’autunno. Vianello salva però Zaia: «Sarebbe un premier all’altezza»
Fabio Poloni

VENEZIA. Imbarazzo. Disagio. Vergogna per la classe politica. Questi i sentimenti provati. Gli epiteti, invece, rivolti proprio a chi si è reso protagonista di aver scatenato questa crisi di governo, sono peggio ancora: da «stupidi» a «incompetenti». Chiedere agli imprenditori del territorio un giudizio sulla crisi di governo li fa scuri, scurissimi in volto. Dal giudizio non si salva nessuno. Neanche la Lega.

Lepoldo Destro
Lepoldo Destro

L’appello di Destro

Una settimana fa, quando il Movimento 5 Stelle ha acceso la miccia, Leopoldo Destro era stato chiaro in maniera quasi spietata: «Una parte del Parlamento ha perso il contatto con la realtà – ha detto il presidente di Assindustria Venetocentro – e con un atto incomprensibile di egoismo politico espone famiglie, lavoratori, imprese e l’intero Paese a un vuoto di Governo, per di più in un momento di grandissima complessità, con l’inflazione che sta erodendo il potere d’acquisto delle famiglie, una crisi energetica drammatica, la guerra in Ucraina, il rischio di un ulteriore peggioramento dell’economia. E di mandare a casa un Premier stimato in tutto il mondo senza lo scudo del quale a livello internazionale l’Italia si scoprirà presto più debole ed esposta alla speculazione finanziaria».

«Faccio un appello forte a ciascun leader politico e a tutti i nostri parlamentari veneti in un momento difficilissimo per il Paese, a ricomporre le ragioni di coesione nazionale che sono state alla base di questa esperienza di Governo e a non far mancare il proprio apporto per portare a termine i gravosi impegni assunti dal Governo Draghi nell’interesse di tutti gli italiani nel periodo che manca alla fine naturale della legislatura». Un appello caduto, evidentemente e fragorosamente, nel vuoto.

Fioravante Piovesana
Fioravante Piovesana

Imbarazzo, disagio e populismo

«La prima impressione è un senso di imbarazzo e di disagio per una classe politica che ha dimostrato davvero di non avere quel minimo di sensibilità e di serietà che la situazione richiede». Fioravante Piovesana, 82 anni, guida il mobilificio Camelgroup di Orsago, 22 milioni di euro di fatturato.

«Mandiamo via un uomo e un governo che in questo periodo, nonostante tutto, avevano tenuto unito il Paese e creato un’aspettativa di stabilità. Una classe politica così, che non ragiona e non ne tiene conto, crea un senso di imbarazzo, oserei di re di vergogna. Queste scelte impattano sul futuro economico, sociale e sulla credibilità dell’Italia. Parlo della classe politica e dei partiti».

Quale può essere, ora, la prospettiva “meno peggio”? «Non lo so, andiamo a votare con un’incertezza nella scelta che io, in tanti anni anche di impegno politico e sociale, non ho mai sperimentato. Anche chi si è sempre riconosciuto in certe aree politiche si trova nell’imbarazzo di recarsi al voto, mentre avverte esigenza di essere presente. La preoccupazione di noi imprenditori è che anche dopo le elezioni ci sia una non governabilità, e senza avere un Draghi di riserva. Con il governo appena caduto la sensazione era almeno di avere le spalle coperte, in qualche modo. Oggi no».

La Lega che partita ha giocato? Sembra esserci una spaccatura tra quella di Salvini, che ha contribuito a tirare giù Draghi dallo scranno, e quella veneta di Zaia. «Molti sono critici nei confronti della Lega anche in Veneto, e il calo dal 27 al 15% lo conferma – dice Piovesana – qui ci si compatta ancora nella battaglia per l’autonomia, nel resto d’Italia però la Lega rischia di pagare un prezzo altissimo per le scelte che ha fatto»,

Si va verso una frattura? «Se i leghisti veneti si ricompattano attorno a Salvini, lo fanno attorno a quello delle promesse populiste, dei soldi a tutti, dello stop ai barconi, non a quello visto nell’ultimo anno. Credo che reggerà, anche se lascerà punti a favore di Giorgia Meloni. Letta dice cose assolutamente serie, competenti, ma porta un messaggio che purtroppo, pur rappresentando il meglio della sensibilità e della preparazione, non passa per mancanza di carisma. Vince chi parla alla pancia».

Bruno Vianello
Bruno Vianello

L’idea: Zaia premier

«Zaia premier, perché no?». Bruno Vianello, presidente della Texa di Roncade colosso degli strumenti per la diagnostica nel settore automotive, parte da considerazioni che sono tutto fuorché diplomatiche: «Cosa penso di chi ha fatto cadere il governo? Stupidi, incompetenti. Chi va fare il politico oggi è chi ha rinunciato a lavorare. Una volta andavano a fare i preti, oggi vanno in Parlamento».

«Quale sapiens – rincara Vianello – voterebbe per una crisi in un momento in cui ci sono guerra, siccità, mancanza di materiali, costi energetici alle stelle? Grave, la perdita di Draghi, soprattutto a livello internazionale. Non è che dovesse andare avanti sei anni, ma almeno sei mesi...».

E la Lega? Salvini sembra nel gruppo che lei accusa, Zaia no. «Ci sono due Leghe diverse: quella di Salvini, e quella che ha preso in mano il territorio, qui, e ha fatto magari non tutto giusto ma ci ha messo la faccia e ha fatto bene in tante cose, guardando all’interesse dei cittadini».

Le piacerebbe Zaia premier? «Quando ci sono grandi cambiamenti nel mondo, possono succedere tante cose. Zaia è una persona per bene, ha gestito la Regione come un’azienda, ha ragionato come imprenditore alla guida di una fabbrica. Certo, se diventasse premier dovrebbe guidarne tante, di fabbriche».

Si va verso un governo di destra? Meloni? «Non vedo, purtroppo, grandi capacità o personalità in quell’area, persone autorevoli che possano tracciare una rotta. Servono persone in gamba, quasi che con la politica non c’entrino. Vogliamo il bene di questo Paese, che le persone trovino lavoro, vogliamo toglierci di dosso la forza dirompente che la Cina ha su qualsiasi cosa: lavoriamo con l’Europa per diventare un territorio importante, di riferimento, dal punto di vista economico e politico».

Bassell Bakdounes
Bassell Bakdounes

Serve competenza

In Velvet Media, a Castelfranco Veneto, realtà del marketing e del web, l’età media dei circa 150 dipendenti è attorno ai 28 anni. La sensibilità politica sul momento è diversa, vista l’età?

«Parlandone con i ragazzi – dice il titolare, Bassel Bakdounes, 43 anni, riferendosi proprio ai suoi collaboratori – abbiamo condiviso lo sconcerto per questa situazione. Lungi da me voler dire chi sia meglio e chi peggio, ma faccio un ragionamento dal punto di vista dell’immagine internazionale del Paese: già non era ottima, questo è un colpo pesantissimo che ci diamo da soli. È ridicolo che ci siano giochetti per portare l’acqua al proprio mulino e venga giù tutto appena iniziamo ad avere un minimo di credibilità internazionale. Questo è un downgrade incredibile».

«In Germania – sottolinea Bakdounes – cambiano la guida una volta ogni ciclo vitale del pianeta, qui un anno sì e un anno no, che immagine dai all’estero? Chi vuole investire qui?».

Cosa auspica, per il prossimo futuro? Stabilità, quantomeno? «Vorrei che le cose venissero fatte da chi le sa fare. Per una volta che c’era una persona capace, che ne capisce, come si dice, che lavora sui numeri, che fai?, la scarichi e passi a Salvini, Meloni, Di Maio? All’estero, quando ne parlo con altri, ridono. Questa è l’immagine che diamo, ogni dieci mesi casca tutto di nuovo».

C’è una questione di impreparazione della classe politica? «Senza entrare nei nomi dei partiti, è come se oggi mi dicessero: a gestire Velvet arriva Pinco Pallino, bravo a fare il muratore e il barista. Ma qui cosa c’entra? Se invece è specializzato in analytics e ha un curriculum di rilievo in questo campo, lo scelgo. Basta, per guidare uno Stato bisogna avere le competenze, non solo la capacità di saper strillare più forte».

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