La dinastia dei Marzotto, da Valdagno alla conquista del mondo

Umberto Marzotto è morto il 28 dicembre 2018 all'età di 92 anni. Suo fratello Pietro era deceduto il 26 aprile di quello stesso anno. Il 19 dicembre 2017, Roberta Paolini aveva scritto questo affresco della famiglia Marzotto, nell'ambito di un numero monotematico di Nordest Economia dedicato alle grandi dinastie imprenditoriali del Veneto. Ve lo riproponiamo qui.
***
I Marzotto sono tante famiglie, oggi. Per riprendere le parole che furono di Antonio Favrin, presidente dei Marzotto del tessile, quando si supera la terza generazione il concetto di famiglia diventa vago.
Chi guarda da fuori i discendenti del nucleo che originò l’impero tessile di Valdagno può scegliere le più diverse interpretazioni, c’è chi parla di diaspora, di atomizzazione, chi di divisione naturale delle cose. Sei generazioni di imprenditori, quasi 90 componenti, diversi settori di investimento.
Si fa difficoltà ad andare oltre la terza generazione e qui siamo ben più in là. Senza bisogno di richiamare alla memoria la saga borghese dei Buddenbrock di Thomas Mann, potremmo quasi azzardare che aver conservato tanti capitali in una divisione così, con una tale moltitudine di fratelli che componevano il tronco originario della genealogia marzottiana, è stato quasi un successo.
Non la pensa così ovviamente Pietro Marzotto, il figlio del leggendario Gaetano, leader storico della famiglia di Valdagno che con i fratelli ruppe oltre 13 anni fa. La polarizzazione Il primo terreno di scontro tra le anime delle famiglie Marzotto fu l’Opa di Zignago. Finì male, con Pietro che si oppose al resto dei fratelli e l’operazione che saltò.
Nel 2004 Pietro esce di scena («Vengo buttato fuori», ricorderà anni dopo) e la configurazione della famiglia inizia a manifestare una polarizzazione tra i Marzotto di Valdagno e quelli di Fossalta di Portogruaro.
Trattasi di semplificazione ma con una dinastia così complessa non resta molto altro da fare. Poi ci fu la vendita di Jolly Hotel alla catena internazionale Nh, la più importante catena made in Italy voluta proprio da Gaetano negli anni Cinquanta sulla quale quasi nessuno si è stracciato le vesti. E infine il secondo e più drammatico bivio, sia per una questione su cui si sono esercitate procure e tribunali, sia per la divisione finale dei tronconi della famiglia.
Il nome è quello di Valentino Fashion Group, lo scrigno in cui erano custodite le firme dell’impero della moda che ad un certo punto il Gruppo Marzotto vagheggiò. Valentino finì nel 2012 al fondo del Qatar mentre Hugo Boss restò al fondo Permira. Ma dopo questo passaggio definitivo ce ne fu uno intermedio, un’operazione miliardaria, tra le più rilevanti in Europa quell’anno.
Siamo nel 2007 il fondo Permira si prende Vfg, l’acquisizione avviene tramite la scatola Red&Black, nella quale ci sono anche Paolo e il nipote Gaetano Marzotto, figlio di Vittorio Emanuele, che ne tengono il 20% del capitale. Mentre l’altro troncone relativo a Andrea Donà delle Rose, figlio di Italia, ed ai figli di Umberto, tra cui Matteo e Diamante, e le figlie di Giannino uscirono definitivamente. Il governo di Donà delle Rose.
Sempre quell’anno l’Opa e il successivo delisting di Marzotto da Piazza Affari sancisce la spaccatura della famiglia. Da una parte il regno del tessile di Valdagno, ridimensionato rispetto al fulgore del tempo precedente, ma più focalizzato.
Stiamo parlando di dieci anni fa. A governarlo allora come oggi sono Andrea Donà delle Rose, con la sua Wizard che tiene la maggioranza di Trenora. Ma poi figurano anche le figlie di Giannino e quelle di Umberto e Marta Marzotto. Insieme a Donà delle Rose c’è Antonio Favrin, manager storico della famiglia da oltre trent’anni che è presidente del Gruppo.
La Marzotto di Valdagno è oggi un leader nel settore dei filati lavorando con le principali case di moda del mondo. Per il gruppo (nel cui perimetro sono comprese anche le sete del Gruppo Ratti quotato in Borsa circa 45 milioni di euro di fatturato nel 2016) che nel 2015 ha chiuso con 342 milioni di euro il fatturato sono lontani i numeri prima della vendita di Valentino (1,7 miliardi di euro nel 2003) e della divisione dei vari rami familiari.
Ma la moda resta comunque una stella polare per i diversi componenti. Lo è per i Donà delle Rose con la casata di filati di Valdagno. Lo è per il ramo relativo a Paolo e ai figli di Vittorio Emanuele, Gaetano, Luca, Nicolò e Stefano e nipoti di Paolo che guidano il gruppo quotato in Borsa Zignago Vetro, ricavi per 322 milioni, e specializzazione nella produzione di vetro cavo.
Zignago fornisce anche le maison di moda nelle loro declinazione estetiche e cosmetiche. Inoltre Zignago holding ha le Cantine Santa Margherita specializzata nella produzione vitivinicola che fattura 110 milioni. E Zignago Power nella produzione di energia da impianti a biomassa. Ma l’astro della moda continua a brillare per loro anche in altra veste, è il caso di dirlo.
Dopo l’uscita da Hugo Boss di Permira, Paolo e i nipoti, con Pfc e Zignago Holding, hanno acquistato insieme a Tamburi Investments Partners nuovamente titoli del brand tedesco. Prima il 7%, due anni fa, quota che è stata arrotondata al 10% e così oggi i Marzotto del vetro sono i primi azionisti del gruppo di moda quotato allo Xetra.
Zignago Holding è un gruppo da 500 milioni di ricavi, con utile nel 2015 di 147 milioni di euro. La controllata Zignago Vetro quotata in borsa ha chiuso il 2016 con 322 milioni di euro e 31 milioni di euro di utile. La moda e il bello Con la moda e il bello non ha mai chiuso invece Matteo Marzotto.
Il figlio di Marta e Umberto, dopo aver acquisito la maison Vionnet per guidarne il rilancio, dopo la cessione alla miliardaria kazaka Goga Ashkenazi, quest’anno è entrato con una quota di minoranza di Dundup, gruppo da 90 milioni di fatturato. Ne è diventato presidente ed è molto attivo nell’impostare una nuova era del brand.
Matteo è anche vice-presidente di Ieg, Italian Exhibition Group, nato dalla fusione tra Fiera di Vicenza e RiminiFiera e che verrà portato in Borsa nel 2018. Matteo e i suoi fratelli restano nella scatola Trenora che controlla Gruppo Marzotto.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova