La grande truffa delle torri di legno a Jesolo da parte di una coppia trevigiana

JESOLO. False le fideiussioni, falsa la documentazione presentata al comune per la costruzione di una delle due torri in legno più alte d’Europa. Vera la truffa ai danni di una quindicina di persone, in buona parte trevigiani, che pensavano di aver versato la caparra per uno degli appartamenti che dovevano essere realizzati fronte mare. Protagonisti del raggiro i trevigiani Fabio Bordin e la moglie Sonia Miatton, entrambi con un pedigree sul fronte apri e chiudi attività non da poco. Si sono fatti consegnare ben 1 milione e mezzo di caparra, sui tre necessari per costruire le due torri.
Ma senza posare nemmeno la prima pietra. Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza di Jesolo ha eseguito un sequestro preventivo di beni per quasi 730mila euro: conti correnti e quote societarie. Soldi e quote riconducibili alla coppia. Il decreto di sequestro è stato emesso dal Gip di Venezia Luca Marini, e riguarda due società operanti nel settore immobiliare la “Mia Re Srl”, con sede a Treviso e la Urban Bio che ha la sede legale a Padova. I due coniugi, amministratori delle aziende, sono stati denunciati a piede libero per truffa e riciclaggio in concorso.

Le indagini della Tenenza di Jesolo, coordinate dal Procuratore Aggiunto Stefano Ancilotto, hanno portato alla luce del sole la truffa relativa alla realizzazione delle due torri in legno che dovevano diventare il simbolo della nuova Jesolo green. Erano state ribattezzate “Greenery Residence” e “Cross Lam Tower”. I lavori delle quali non sono mai iniziati e questo aveva già fatto scattare le prime denuncia da parte di chi aveva versato i soldi per poter acquistare una volta terminati uno dei 28 appartamenti. Vicenda iniziata con una grande campagna promozionale a partire dal 2017.
Non tutti i truffati hanno sporto denuncia, forse perché avrebbero problemi a spiegare là provenienze di quel denaro investito. Gli accertamenti svolti hanno consentito ai finanzieri del capitano Alberto Pellegrini, di scoprire l’utilizzo di polizze fideiussorie, nella maggior parte dei casi, contraffatte, a garanzia di quanto versato dagli acquirenti quando hanno stipulato i contratti preliminari di vendita degli appartamenti. Ma non solo. Questi soldi intascati attraverso la Urban Bio finivano riciclati, attraverso il pagamento di fatture, sui conti della Mia Re.
Sempre attraverso le indagini è emerso che la documentazione relativa alla “Cross Lam Tower”, è presentata in comune a Jesolo era stata falsificata. Doveva attestare il pagamento della prima rata del contributo di costruzione. Nei due progetti immobiliari sono state truffate complessivamente 15 persone (solo alcune delle quali inizialmente avevano denunciato l’inganno), con somme già versate a titolo di caparra o acconto che complessivamente arrivano al milione e mezzo.
NON ERA LORO NEMMENO IL TERRENO DOVE EDIFICARE
Anche se gli appartamenti li avevano già messi in vendita, non era loro il terreno sul quale avrebbero dovuto costruire, in via Pordenone, il Greenery Residence. E neppure quello dove invece oggi, in via Berolin, ci dovrebbe essere la torre, la Cross Lam Tower. Terreni che non erano nella loro disponibilità.
È sempre più dettagliato il quadro accusatorio della truffa messa in piedi da Fabio Bordin e della moglie Sonia Miatton, che attraverso le società Mia Re srl e Urban Bio srl si sono fatti consegnare caparre per appartamenti che non hanno mai costruito e non hanno mai consegnato.

Tra false fideiussioni – per conquistare la fiducia di chi aveva deciso di acquistare gli appartamenti su carta, mettendo sul piatto una caparra – e documenti irregolari presentati anche al Comune di Jesolo. Dalla perquisizione realizzata alla società Mia. Re, con sede legale a Treviso, nel febbraio del 2020 è emerso che la società aveva incassato somme a pari 1 milione 328 mila euro per la realizzazione di due complessi immobiliari mai realizzati. Non solo i cantieri edili non sono mai stati aperti, ma la società non è neppure mai diventata titolare dei terreni sui quali sarebbero dovuti sorgere gli edifici.
Per ciò che riguarda il terreno di via Pordenone, per esempio, fallita la trattativa con la Mia. Re i proprietari lo hanno venduto, già nel luglio del 2019, ad un terzo soggetto. Per i terreni di via Bertolin invece, scaduto il termine del 31 dicembre 2019 per il contratto di compravendita successivo all’accordo preliminare, la società titolare del terreno, la Gitim sas, ha ritenuto il contratto risolto per inadempimento.
La guardia di finanza di Jesolo, nelle sue informative al procuratore aggiunto Stefano Ancilotto, sottolinea come Bordin e Miatton abbiamo sempre taciuto, con le persone alle quali hanno venduto gli appartamenti, il fatto di non essere ancora proprietaria dei terreni. Nei contratti stipulati con i privati per incamerare le caparre c’era scritto però che «la società ha la disponibilità del terreno». Secondo la Finanza ci sono altri vari elementi per sostenere che ci fosse «una chiara volontà di non addivenire effettivamente alla conclusione dei contratti per l’acquisizione dei terreni».
Per ciò che riguarda le fideiussioni la stessa Sace, società romana, ha presentato denuncia alla procura di Roma sostenendo di non aver mai rilasciato polizze per conto della Mia. Re. Marito e moglie devono rispondere di falso, truffa, auto-riciclaggio. L’importo complessivo delle truffe per le quali si procede è di 730 mila euro, ma le operazioni di sequestro fino ad ora non hanno portato in cassa la somma per intero: le due società sono in fase di concordato e marito e moglie risultato aver pochissime proprietà (tutto in affitto o in leasing).
E tra i truffati c’è anche l’agenzia Garden immobiliare alla quale la coppia si appoggiava. Dalle indagini della procura infatti è emerso che anche familiari dei titolari avevano versato circa centomila euro per l’acquisto di due appartamenti.
«Gli stessi familiari hanno sporto querela nei confronti di Mia Re», precisano gli avvocati dell’Agenzia, Leonardo Marini e Alessandro Filippi, aggiungendo che «sono state avviate numerose azioni legali nei confronti della Mia. Re, l’agenzia ha svolto il mero ruolo di mediatore mettendo in contatto le parti che hanno liberamente determinato la conclusione degli affari che purtroppo hanno avuto un epilogo diverso».
CONDOMINI TRUFFA, IL CASO DEL RESIDENCE PASSEGGI A TREVISO
Non c’erano solamente i mai edificati Cross Lam Tower e condominio Greenery di Jesolo nella rete delle società gestite da Fabio Bordin e Sonia Miatton. I due coniugi trevigiani accusati di truffa e frode dalla Procura di Venezia, tra fallimenti di società e cantieri fantasma, avevano allungato i propri interessi immobiliari anche a Treviso lanciandosi in una delle più pubblicizzate imprese edili degli ultimi anni: il residence “Passeggi” in vicolo Piave.

E anche lì tutto stava per finire in un crac milionario non fosse stato per l’agenzia che era stata coinvolta nell’affare e nei compratori che già avevano versato alla coppia oltre un milione di euro in preliminari. l’ennesima società della rete Tutto è iniziato nel 2017 quando Fabio Bordin prese contatti con i venditori dell’immobile in vicolo Piave. Lo fece con il biglietto da visita di un’altra delle tante società intestate alla moglie Sonia Miatton, la “Alley Srl”, controllata di quella “Urban Bio” (100% Miatton) che in quello stesso anno stava promuovendo la prossima realizzazione del condominio Greenery a Jesolo (venduto come pronto al cantiere, mai realizzato e oggi oggetto dell’inchiesta della Procura), Bordin acquistò dalle banche il credito che pendeva sull’immobile lanciando la grande riqualificazione che avrebbe fatto nascere il residence “Passeggi”.
Fece partire il cantiere ma anche le vendite, coinvolgendo una delle principali agenzie della città: la Grosso & Partners. Il progetto era bello, il luogo interessante e le vendite iniziarono subito, tra carte e primo grezzo, facendo incassare alla società oltre un milione. A metà lavori ecco sospendersi tutto. «Non ci sono più soldi». Immediato l’allarme tra compratori e agenzia che cercando di vederci chiaro hanno scoperto più scheletri nell’armadio che buone notizie rendendosi conto che il cantiere rischiava di paralizzarsi. Addio soldi, addio case. la cordata e la brutta scoperta
Di qui la decisione, assunta dopo aver constatato che i soldi versati bilanciavano le spese di cantiere fin lì fatte: «Proseguiamo noi». Tutto bene, non si fosse scoperto subito dopo che i crediti bancari che la “Alley” di Bordin e moglie si era accollata per lanciare l’intervento edilizio non erano mai stati pagati. Altro scoglio, altra durissima botta per chi già sognava la nuova casa e chi sull’intervento ci aveva messo faccia e stemmi di impresa, ovvero l’agenzia immobiliare. la cordata per salvare tutto Attorno al tavolo gli acquirenti hanno deciso così di investire ancora, ciascuno per propria parte, per ripagare il credito bancario lasciato insoluto da Bordin & Co. e con loro si è messa in gioco in prima linea anche la Grosso, che ha deciso di acquisire lei stessa gli appartamenti non venduti e i costi di edificazione mancanti.
«La decisione più giusta per la salvaguardia dei clienti e della nostra reputazione», dice oggi Andrea Grosso, titolare dell’agenzia, ancora con il dente avvelenatissimo con la “Alley”. Il commento più moderato è «mai ci saremmo aspettati una simile situazione». La casa un anno dopo, ma almeno c’è Risultato? Il cantiere dopo uno stop di qualche tempo è potuto ripartire «anche grazie all’attenzione e comprensione dell’impresa che lo gestisce», la Berlese. Finirà in tarda primavera. A tutti i protagonisti costerà di più anche in termini di attesa, ma almeno avranno la casa che avevano pagato. Cosa non successa agli acquirenti jesolani di Bordin e Miatton, e ai tanti che chiedono conto dei soldi pagati.
IL RITRATTO DELLA COPPIA, NEL 2019 IL KO DEL "BASILICO" A TREVISO
L’arrembaggio immobiliare al litorale di Jesolo partiva da Treviso, come prassi consolidata ormai da mezzo secolo, e come altre volte accaduto negli ultimi anni, affondava le radici in società finite di lì a breve nel concordato o nel fallimento. La trevigiana “Mia.Re.” e la padovana “Urban-Bio” non sono state da meno: alle loro spalle una girandola di società diverse, collegate alle stesse persone, in primis Sonia Miatton e Fabio Bordin, che avevano gestito anche il “Basilico 13” in piazza San Vito, cuore di Treviso.
Durante a loro gestione, finita con la chiusura del locale, una notte qualcuno appese una cartello alla porta del ristorante: “Pagate i debiti”. le società chiave “Mia.Re.” e “Urban-Bio”, le due società oggi sotto inchiesta, hanno sede una a Treviso in via Montello, l’altra a Padova in via Sacro Cuore 15 dove ha trasferito la sede inizialmente trevigiana. La prima è compartecipata dalla seconda al 30%, ma entrambe fanno capo a Sonia Miatton, padovana di origine ma trevigiana di residenza: “Mia.Re.” per il 70%, “Urban-Bio” per il 100%.
Ad accompagnarla in entrambe le società con la qualifica di amministratore unico il padovano Paolo Grigoletto che non risulta indagato, ma soprattutto il marito Fabio Bordin (indagato come Miatton) che pur non avendo ruolo in nessuna società, era presentissimo. Miatton, Bordin, Grigoletto un tris che torna. la rete e i fallimenti Follow the money... ma in questo caso i “soldi da seguire”, se ci sono, a un certo punto vengono meno. “Mia.Re.” a inizio 2021 chiede il concordato davanti al tribunale di Treviso.
“Urban-Bio” ci prova ma non ci riesce e viene dichiarata fallita dal tribunale di Padova a inizio gennaio. È una lista che si allunga perché nelle stesse settimane ad andare ko erano state le altre società collegate. È il caso della “Greenhouse” (posseduta al 100% dalla “Urban-Bio” della Miatton) amministrata ancora da Grigoletto e fallita a dicembre dell’anno scorso. La società ha sede a Treviso, via San Vito civico 13, ovvero la porta del “Basilico 13”, il ristorante che aveva gestito fino alla chiusura, tra polemiche con i dipendenti e accuse di mancati pagamenti. Miatton e Bordin, marito e moglie, erano entrati in sala a primavera 2019. Proprio la Miatton aveva annunciato l’intenzione di rilanciare il locale e portare «nel capoluogo trevigiano uno chef stellato», ma dopo alcune settimane dallo staff erano usciti in tronco molti dipendenti e lo chef. Poi arrivò il cartello “Pagate i debiti” e la chiusura.
«Vicende per cui abbiamo fatto denuncia e che non sono collegate», ha ribadito anche ieri Fabio Bordin, liquidando come disavventure non legate all’economia anche le altre chiusure. Compresa quella avvenuta proprio prima del loro arrivo al “Basilico 13”. «È iniziata oggi a Valeggio sul Mincio, la nuova avventura degli imprenditori trevigiani Sonia Miatton e Fabio Bordin», scriveva il 3 marzo 2019 il social ufficiale del comune veronese, inaugurando il ristorante “Terracqua”, con tanto di chef stellato.
Anche questa avventura però non è andata come si immaginava. E non si può non citare il “Rosso 14”, ristorante aperto a due passi da piazza Drago di Jesolo dalla “Oltrecucina Srl”, società di Sonia Miatton (amministrata ancora da Grigoletto) con sede in via Montello come la “Mia.Re.” e dichiarata fallita il 29 settembre 2020. Ma volendo scavare ancora nella storia della coppia, si trova un altro precedente, stavolta tutto padovano: il ristorante “San Crispino”. La Miatton se ne dichiarava responsabile relazioni e il marito pubblicava le foto.
LA DIFESA DI BORDIN: "TUTTO CAUSATO DA UNA MANCATA VENDITA"
Da mesi il caso della mancata costruzione della doppia torre a Jesolo era sotto la lente di ingrandimento. I sequestri operati ieri dalla Finanza e la denuncia scattata per lui e la moglie sono stati un colpo duro. «Preferisco non parlare nel merito delle accuse» replica al telefono con la voce roca Fabio Bordin, «non credo sia materia da discutere sulle pagine dei giornali ma in altro ambito. E confido sarà chiarito».
Ma il progetto c’era (anche quello firmato da un importante studio trevigiano), i preliminare di vendita pure. Mancano le torri, perfino il cantiere. Come lo spiega? «La questione è già sul tavolo del tribunale civile di Venezia davanti al quale abbiamo sporto denuncia per la mancata vendita del terreno sul quale doveva sorgere l’edificio. Questo ha causato lo stop al programma di investimento, non altro».
Il trascorso delle società legate alle due oggi sotto inchiesta però è una storia di grandi difficoltà: aperture, chiusure, accuse di mancati pagamenti? Non è collegato? «No, sono vicende diverse. Il caso del Basilico 13 con il cartello che ci accusava di non aver pagato credo sia stata la vendetta di un ex dipendente insoddisfatto, e abbiamo denunciato, le chiusure di quello e altri ristoranti sono state cause da altre questioni contingenti: uno chef che se ne è andato, gli affari, anche il contesto epidemico. Non certo altre condotte».
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