La mafie ai tempi del Covid: 400 infiltrazioni in Veneto

VENEZIA. Sono nate come funghi, in piena pandemia. Da un lato partite Iva, dall’altro società di capitale. Attività nuove. Senza contare il tuorbillon di passaggi di proprietà di cessione di quote societarie e l’arrivo di nuovi soci in attività storiche, che in cinque mesi ha raggiunto un volume d’affari tre volte tanto quello che solitamente si registra negli stessi periodi in mancanza di crisi. Un fermento dietro al quale si nasconde il tentativo di infiltrarsi nel tessuto economico veneto, della criminalità organizzata che vuole fare affari sul mercato della crisi da pandemia.
A contrastare il fenomeno la Guardia di Finanza. Una task force di finanzieri con la supervisione del generale Giovanni Mainolfi, comandante regionale delle Fiamme Gialle. Uomini che da marzo quando è scattato il lockdown, lavorano utilizzando programmi creati ad hoc, facendo ricorso ad un algoritmo con il quale riescono ad elaborare migliaia di dati in pochi attimi. Prevenzione allo stato puro che ha già permesso di bloccare appena nate una quarantina di nuove attività, tra partite Iva e società di capitale, aperte da persone con condanne per associazione criminale di stampo mafiosa, perché legate a clan camorristici o ad ’ndrine calabresi, o magari perché da anni non dichiarano nulla al fisco e all’improvviso aprono una società.

Considerato il fatto che diverse sono delle partite Iva l’ammontare dei capitali bloccati dalla Guardia di Finanza, si aggira “solo” su alcuni milioni di euro. Ma la capacità di penetrazione nel tessuto economico è ben superiore. Complessivamente le attività nate tra marzo e luglio e sulle quali la Guardia di Finanza ha trovato elementi per dire che ad averle create sono state organizzazioni criminali di stampo mafioso sono all’incirca 400. Pure queste sono destinate ad essere bloccate e rese inoffensive.
Nei cinque mesi di lockdown sono nate in Veneto circa 8.000 partite Iva e poco più di 2.500 società di capitale. Tutte attività nuove in particolare nei settori della sanità, del turismo e dei servizi. Che sono gli ambiti a maggior rischio di contaminazione criminale in questo momento di crisi e quindi maggiormente monitorati. Entrando nello specifico nel Veneziano si contano all’incirca 1.200 nuove partite Iva, a Treviso 1.400, mentre a Padova 1.600 circa e a Belluno 370. Una cinquantina a Venezia sono state aperte da persone legate alla criminalità organizzata. Stessa provenienza criminale anche per 10 a Belluno, 30 a Padova e 20 a Treviso. Stessa matrice criminale per una trentina di amministratori o soci delle quasi 400 nuove società di capitale nate a Venezia. Tre di questi personaggi li incontriamo nella cinquantina di aziende aperte a Belluno, 30 nelle quasi 600 sorte a Padova, e 40 nelle 450 di Treviso.
Ma non è finita. Per capire come il mondo economico locale sia stato percorso, nei mesi della pandemia, da forti e preoccupanti “perturbazioni” ci sono altri dati significativi che fanno riflettere. Sempre nei fatidici cinque mesi di chiusura mentre la crisi attanagliava lavoratori e imprese si è registrata una serie di “negozi giuridici” mai vista. Nella sostanza ci sono stati quasi 2.000 operazioni tra cambi di proprietà, entrata di nuovi soci in imprese anche storiche e cessione di quote. Sempre riguardanti attività presenti sul territorio. Il numero di operazioni è almeno tre volte tanto quelle che si registrano in questi stessi mesi in condizioni normali. Molte di quelle avvenute nel veneziano riguardano alberghi e attività turistiche del centro storico e del litorale. In particolare sono state registrate per alberghi con tre o quattro stelle, diversi dei quali appartengono a piccole e medie catene. E una corsa contro il tempo anche perché gli effetti della crisi bob si sono ancora fatti sentire del tutto. —
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