La perizia choc sul Mose: «C’è il rischio cedimento»

Venezia, l’esperto dell’ex Magistrato alle Acque: «Nelle cerniere, corrosione in agguato per l’uso di acciaio non inossidabile»
Le paratoie del Mose durante un test
Le paratoie del Mose durante un test

VENEZIA. Il Mose ha problemi strutturali. E l’acciaio con cui sono state costruiti i perni delle cerniere non è quello del progetto e dei test. C’è dunque la possibilità di «corrosione dei materiali delle cerniere, cuore dell’intero sistema da 5 miliardi e mezzo di euro, con la possibilità di un cedimento strutturale della paratoia».

Uno studio di nove pagine firmato dal professor Gian Mario Paolucci, già docente di Metallurgia all’Università di Padova ed esperto del Provveditorato alle Opere pubbliche (ex Magistrato alle Acque), toglie drammaticamente il velo a dubbi e incertezze che altri esperti e critici dell’opera avevano avanzato negli ultimi anni. E mette a nudo una situazione grave, che potrebbe far slittare il completamento dell’opera previsto per il giugno 2018.

Prima prova del Mose a Venezia: si alzano le paratoie.

Una perizia commissionata dallo stesso Provveditorato e consegnata a fine ottobre, che non fa dormire sonni tranquilli ai nuovi responsabili dell’Ufficio delle Infrastrutture e del Consorzio. Lo rivela nei dettagli il settimanale l’Espresso, oggi in edicola, con un ampio servizio sulle «criticità» del Mose.

La protezione catodica. È una delle «criticità di maggior livello» individuata dall’esperto. «La natura metallica non inossidabile del materiale prescelto con cui è stata realizzata la maggior parte dei componenti immersi», scrive Paolucci, «rende quest’ultimo particolarmente vulnerabile alla corrosione elettrochimica provocata dall’ambiente marino».

La vernice. «Abbiamo l’assoluta convinzione», si legge nella relazione finale, «che la protezione offerta dalla vernice non sia totale né duratura, causa le abrasioni prodotte da sabbia e detriti». Dunque, l’unica protezione che resta è quella catodica. Ma ad eccezione di Treporti, le paratoie che hanno lo zinco protettivo non sono ancora state montate sui cassoni, sott’acqua da tre anni. E senza protezione la corrosione avanza. Non è prevista manutenzione se non dopo cento anni. «In questa situazione, scrive il professore, «c’è la seria probabilità che la corrosione provochi danni strutturali e dunque il cedimento della paratoia».

Venezia, la prima prova del Mose: salgono le quattro paratoie

Il connettore femmina. Le cerniere delle paratoie sono state costruite dalla Fip di Padova, azienda del gruppo Mantovani. Sono formate da un «maschio», agganciato alla paratoia, e da una «femmina», cementata nei cassoni di fondazione. «Il connettore femmina, dal quale dipende il funzionamento delle barriere mobili», scrive l’ingegnere, «costituisce l'anello debole dell'apparato a causa di un mancato controllo ispettivo per la sua intera vita di 100 anni, a meno di una laboriosa e costosa manutenzione straordinaria. Inoltre, la necessità di effettuare tale manutenzione verrebbe segnalata da malfunzionamenti causati da danni ormai avvenuti e talvolta irreparabili. Cioè, quando è troppo tardi. In questo caso, l'unica cosa da fare è sperare che i danni che certamente si saranno verificati sui connettori femmina di Lido, San Nicolò, Malamocco, Chioggia, siano contenuti».

L’acciaio. Emergono differenze sostanziali tra l’acciaio utilizzato per i test e quelli poi utilizzati nella costruzione delle 158 cerniere. Il primo, scrive Paolucci, era acciaio inox superduplex prodotto dalle Acciaierie Valbruna di Vicenza. Il secondo invece – che proviene con ogni probabilità dall’Est – era di lega diversa e di costo ovviamente inferiore. «Questa difformità della lega lascia qualche margine di dubbio sulla tenuta strutturale e anticorrosione nel tempo di questo importantissimo elemento strutturale». Paolucci suggerisce un controllo dei perni per evidenziare eventuali «microcricche». «Prima che rendano possibile la deformazione del perno e il suo incastro».

 

 

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