La Plavisgas di Malvestio entra nella partita Cattolica «Pronti a comprare il 12%»

verona

“Blood in the water”, dicono gli inglesi. Ed è così la sfida su Cattolica adesso si fa interessante. La cordata di Massimo Malvestio che in Plavisgas ha già coagulato da tempo un manipolo di campioni della media impresa veneta, dopo diversi successi finanziari, oggi è pronto ad investire in Cattolica. E lo è da gennaio di quest’anno. Si tratta di soggetti molto liquidi e molto solidi. Una cordata “alternativa” partecipata, oltre che dall’avvocato Malvestio, da famiglie come Stevanato (Stevanato Group), Codognotto (omonimo gruppo di trasporto e logistica), Marchetto (Somec), Gino Dal Mas di Siliconature e Valter De Bortoli di Db Group. Un gruppo che dispone di circa 40 milioni di mezzi propri, accompagnati dall'impegno dei soci a iniettare nuove risorse, qualora l'operazione fosse andata in porto.

Una cordata alternativa ovviamente a Enrico Marchi, che dopo settimane e settimane di rumors su un suo interesse per il dossier Cattolica, è venuto allo scoperto. Come ha confermato al nostro giornale sta infatti pensando alla costituzione di una alleanza di imprenditori e family office per entrare nella partita della cessione delle azioni proprie della compagnia, il 12,3 per cento del capitale rinveniente dal recesso dei soci. Pacchetto che deve essere alienato entro fine 2021, così come imposto dalla Authority.

E se sulla carta, almeno sotto l’aspetto “politico”, Marchi ha certamente maggior familiarità con Cattolica, gestisce due fondi immobiliari di Cattolica e il fondo chiuso H-Farm/H-Campus. Sul lato del fiuto per le partite finanziarie Plavisgas, finora, ha brillato non poco. Gli imprenditori veneti e Malvestio sono reduci dalla lauta plusvalenza generata dall'investimento in Ascopiave, e hanno manifestato, già lo scorso 14 gennaio, a Cattolica l'interesse a rilevare, prima dell'aumento da 200 milioni di euro, il pacchetto di azioni proprie nel portafoglio della compagnia.

Una scelta che ha un senso finanziario bello pesante, visto che su quella quota di azioni proprie, con un aumento di capitale che parte a luglio, non si possono esercitare i diritti di opzione. Si sa che la compagnia ha risposto l'11 febbraio con una presa d'atto «dell'interesse manifestato» e ha ricordato come l'Ivass abbia chiesto la dismissione delle azioni entro fine anno «senza imporre condizioni o forme di sorta» e come «allo stato» non sia «possibile formulare indicazioni più precise su modalità e tempistiche realizzative». Tempi e parole dietro le quali gli imprenditori veneti vedono una mancanza di interesse per la loro proposta.

Plavisgas si è offerta di acquistare tutta o gran parte della quota prima dell'aumento di capitale da 200 milioni di euro, da eseguirsi entro la fine di luglio: una proposta che, si sottolinea in ambienti vicini agli offerenti, avrebbe il vantaggio di alleggerire Cattolica dai rischi della liquidazione dei diritti di opzione collegati (la compagnia non può sottoscrivere il suo aumento) e garantirebbe la copertura della ricapitalizzazione sulla quota ceduta.

Le circa 4 settimane trascorse prima di una risposta e l'assenza di richieste di incontro o di approfondimenti sono state lette da Plavisgas come una mancanza di interesse nei confronti della sua proposta. A muovere gli imprenditori, che non si considerano ostili a Generali, è chiaramente un interesse finanziario. Mentre fonti vicine a Finint, sottolineano il carattere “industriale” dell’interesse di Marchi. Chissà chi vincerà questa disfida tutta made in Veneto.



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