LA STORIA / I coriandoli del signor Carnevale

Franco Carnevale produce coriandoli: a Porcellengo di Paese un imprenditore che aveva il destino scritto nel nome
ANNA SANDRI PORCELLENGO DI PAESE DITTA ''KARNEVAL'' IN VIA EINAUDI,8 DI CARNEVALE FRANCO PRODUTTRICE DI CORIANDOLI
ANNA SANDRI PORCELLENGO DI PAESE DITTA ''KARNEVAL'' IN VIA EINAUDI,8 DI CARNEVALE FRANCO PRODUTTRICE DI CORIANDOLI

PAESE. C’è poco di più effimero: solo per qualche giorno in un anno, e appena il tempo di sentirli tra le dita che sono già volati via. Punti di vista, naturalmente: perché è pur vero che quando ti si incastrano tra il maglione e la pelle, poi per settimane te li ritrovi in giro per la casa.Si fa presto a dire coriandoli: saranno anche piccoli, saranno anche leggeri, ma perché noi li si possa lanciare, qualcuno li deve fabbricare, e poi insacchettare, e poi spedire e far sì che li troviamo sul banchetto del mercato o tra gli scaffali dei negozi.

La casa dove nascono i coriandoli sta nella zona industriale di Porcellengo di Paese, pochi chilometri fuori Treviso. Si chiama “Karnaval”, ma in realtà le stelle filanti, i cappellini e le trombette ha smesso di farle da un pezzo, sotto il peso della globalizzazione e della solita Cina. Da nicchia che era, è diventata impresa di supernicchia: qui si fanno solo coriandoli, e si riesce a fatturare dai 400 ai 600 mila euro l’anno. Il che sarebbe già abbastanza curioso, se non ci fosse anche l’in più: il titolare dell’azienda è il signor Franco Carnevale, al quale il destino scritto nel nome aveva tracciato una strada maestra anche se lui l’ha presa un po’ alla larga. Da Cosenza e anzi San Leucio dove è nato, è arrivato in Veneto con l’uniforme di sottufficiale dell’Aeronautica Militare nel 1961; nel 1982 ha ripiegato le ali e si è messo a lavorare con la Cartotecnica di Fontane, che allora era leader nella produzione di coriandoli. Poco dopo, il leader era già lui, con la sua azienda. Adesso di anni ne ha 70, e si diverte ancora.

Funziona così: la moglie Lorella si occupa di gestione, amministrazione, contratti, contatti, conti e documenti; lui va in giro a rappresentare se stesso, gli è anche successo di dire: «Piacere, mi chiamo Carnevale e vendo coriandoli» e di sentirsi mandare a quel paese da chi si riteneva preso in giro. «I nostri sono i migliori sul mercato, ma non è che la concorrenza sia poi tanta» giura. Per fare i coriandoli, macchine in parte progettate da lui stesso e realizzate con l’aiuto di un amico esperto in meccanica (non ci può essere un gran mercato di macchinari di questo tipo) sminuzzano e mescolano due tipi di carta: «Mica è buona tutta. Noi usiamo solo rese di vecchi manifesti stampati da due tipografie romane di cui conosciamo perfettamente la qualità del prodotto, e rotoli di tipografia fatti apposta, nei classici rosa, verde e viola, colori un po’ spenti perché costano meno». Dalla trasformazione in coriandoli è capitato che venissero salvati manifesti-capolavoro, tipo le locandine originali di “Via col vento” o “Vacanze Romane”, che sono appese ai muri dell’ufficio.

«Il segreto del nostro prodotto è la qualità. Sminuzzando la carta, si produce molta polvere. Ho progettato una macchina che ripulisce i coriandoli, separa la polvere dalla carta e restituisce un prodotto pulito». E perfetto secondo normativa: perché ci sono regole Ue per i coriandoli, guai a scherzare. Se finiscono in bocca e non sono a norma, possono anche soffocare. La differenza con la concorrenza, di cui tiene sempre un esempio sul tavolo, è lampante: se risparmi sulla materia prima, tra coriandolo e poltiglia il passo può essere davvero molto breve. Durante la lavorazione, i coriandoli dentro le macchine sono in un continuo vortice d’aria: altrimenti si crea energia statica, si impaccano, fanno tappo e spaccano le apparecchiature.

Il signor Carnevale vende e stravende in Italia, in Francia (dove i “confettis” si lanciano tutto l’anno), in Belgio, in Olanda; da Porcellengo la merce parte su bilici, e a riempire un bilico di coriandoli ce ne vuole. Vende alla grande distribuzione e ai Comuni, per i quali fa sacchi da dieci chili che finiscono sui carri mascherati. Vende agli alberghi e alle crociere, quel che a lui rende 80 centesimi il negoziante lo rivende a 1,80. Si lavora con carta e macchinari da settembre a fine carnevale; il resto dell’anno se ne va in programmazione, conti, rifornimento. Per il periodo più impegnativo, ai signori Carnevale si aggiungono due operai con contratto interinale.

Su una parete dell’ufficio, in mezzo alle foto della bella figlia Giulia, che ha 20 anni e studia ingegneria gestionale, c’è il calendario dei martedì grassi da qui al 2020; quest’anno è stata stretta, il prossimo si arriva fino al 5 marzo. Fuori casa Carnevale, la Quaresima dovrà aspettare tre settimane in più.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova