La vita straordinaria di Aurelio, detto Turpino: i baffi e il sorriso più famosi della pubblicità
Partito dal Polesine arrivò a Novara, al lavoro di “casoin” affiancò quello di testimonial: la sua faccia era dappertutto

Ai baffoni di Aurelio. La risposta è sempre la stessa: ai baffoni di Aurelio. La domanda? A chi facciamo pubblicizzare l’amaro Wunderbar? Ai baffoni di Aurelio. A chi affidiamo il vermut Rosso Antico? Ai baffoni di Aurelio. E la lavastoviglie della Lever? Ovvio, ai baffoni di Aurelio. L’Agfa-pocket? Sempre ai baffoni di Aurelio. La pasta Barilla, i salumi Campagnolo e la birra Dreher?

La risposta non cambia. Già, perché quei baffoni – uniti ad un sincerissimo sorriso e a due occhi neri quanto vispi – avevano la straordinaria capacità di conquistare chiunque. Di rendere credibile qualsiasi prodotto: birra, salumi, pasta o macchina per il caffè che fosse. Aurelio è Aurelio Marzolla, rodigino di Gavello e novarese d’adozione: di professione “casoin”, come si dice qui in Veneto, Aurelio si è costruito un’incredibile carriera nel mondo della pubblicità e, di riflesso, più di qualche soddisfazione anche nel cinema. Aurelio era nato nel 1922 ed è mancato il 14 maggio 2015.
Foto speciali

La sua memoria è stata riaccesa qualche giorno fa, in occasione della “festa del papà”. Figlie e figli in ogni dove hanno riempito le bacheche social di foto dei loro papà. Tra questi anche Anna, impegnata nel turismo a Venezia, che oggi vive a Gavello.
Le foto che hanno riempito la bacheca di Anna erano però speciali. Papà Aurelio era infatti immortalato nelle più importanti campagne pubblicitarie degli anni Settanta e Ottanta. E così, con un post su Facebook, è rinata l’epopea di Aurelio Marzolla. Anzi, di Turpino Santella, il nome d’arte che si era costruito assemblando il nome del padre (Turpino) e il soprannome della madre (Santella).
La storia di Aurelio si può far cominciare nel 1951: è l’anno dell’alluvione del Po, che solo in Polesine lascia 180 mila persone senza un tetto. Aurelio è costretto a fare le valigie: rileva un negozio di alimentari a Orta San Giulio, borghetto in provincia di Novara, uno tra i più belli d’Italia.
Qui incontrerà Ada, che sposerà nel 1957. Tra una fetta di prosciutto e un pezzo di parmigiano, Aurelio viene notato dal regista Paolo Taviani – Palma d’Oro a Cannes nel 1977 – che lo scrittura per due caroselli della macchina da cucire Singer. Tra Aurelio-Turpino e la pubblicità è amore a prima vista e il matrimonio sarà fecondo.
L’amore per la pubblicità

Turpino, con i suoi baffoni inconfondibili e un sorriso davvero contagioso, è il testimonial dei prodotti più disparati. Il feeling maggiore è con gli amari. «Wunderbar, ne bevi un bicchierino e…fai subito il ruttino», è l’esilarante spot in cui un Turpino sorridente si nasconde dietro alla bottiglia di amaro. Per l’Amaro Montenegro, il rodigino brinda con un amico davanti a una parete di prosciutti. E ancora, per il vermut Rosso Antico è un pescatore con camicia a quadrettoni ed esche impigliate nel cappello.
Nella pubblicità dell’Agfa-pocket, Turpino si supera: sandali in caucciù ai piedi, pantaloncino mezza gamba,camicia a scacchi e copricapo kaki, e addosso un armamentario fatto di macchina fotografica, cinepresa, esposimetro e teleobiettivo. Accanto, un ragazzino con la sua agile Agfa-pocket nella comoda fontina lo guarda divertito. La lista di marchi che assoldano Turpino e la sua spontaneità contagiosa è incredibile: Bialetti, Tè Ati, Ramazzotti, Averna, Dreher, Barilla, Campagnolo, Lever Industriale e persino la Cgil. E chissà quanti ancora.

«Ricordo che una volta andai a Verona in auto e mi trovai davanti un manifesto gigante di papà nel grande palazzo della Upim» racconta la figlia Anna «Avrei voluto dire a tutti: “Quello è mio papà!”. Non c’erano i cellulari allora, altrimenti avrei postato una foto su Facebook per far vedere quanto bravo era mio papà». Inutile sottolinearlo: i guadagni sono minimi, ma ad Aurelio la paga si misura in soddisfazioni. E le soddisfazioni arrivano, eccome.
Arriva anche il cinema

Aurelio voleva fare l’attore e quel mondo il baffone vispo di Gavello è riuscito a prenderselo. Finisce in “Nessuno è perfetto” con Renato Pozzetto e Ornella Muti («per settimane non faceva altro che dire quanto bella era la Muti, tanto che mia mamma gli rispondeva “vai vai dalla tua Ornella”», ricorda divertita la figlia), poi in “Il piatto piange” (tratto dal romanzo di Piero Chiara), e ancora “La baraonda” con Giuliano Gemma e in “Testa e croce” di Nanni Loy, e qui oltre a Pozzetto trova anche Nino Manfredi.
E poi “La Banca di Monate” con Walter Chiari e qui l’aneddoto è davvero spassoso: «In quel film avevano tutti i baffi, compreso Walter Chiari» spiega Anna «C’erano talmente tanti baffi, che a mio padre li fecero tagliare. A lui, che era famoso proprio per i baffi!». Aurelio diventa amico di Tino Buazzelli, l’indimenticato investigatore Nero Wolfe che conquistò gli italiani in dieci seguitissimi telefilm, recitando con lui in “Il balordo.
Compare anche in “Verdi”, sceneggiato per la tv con Carla Fracci. Negli anni Novanta fa il bidello accanto a Cristina D’Avena in “Cri Cri”, serie televisiva di Canale 5. «Gli davano sempre parti allegre» ricorda la figlia «Ci hanno provato a fargli fare altro, ma senza risultato. Gli dicevano: “Aurelio, fai il triste”. Niente, anche quando provava a piangere, faceva sorridere».
Il ritorno in Veneto

Aurelio può permettersi di reggere questi ritmi soprattutto dopo la pensione, quando si trasferisce a Novara per essere più vicino agli studi di registrazione milanesi. Va comunque detto che il rodigino deve molto a Orta San Giulio, il suo paese d’adozione: il borgo sul Lago d’Orta è spesso location cinematografica e non a caso Taviani se lo va a pescare nel suo negozio di alimentari, e che lo sceneggiato con Buazzelli viene girato proprio lì.
Trasferito a Novara, Aurelio con la moglie ne approfitta anche per partecipare alla stagione dei quiz televisivi: è ospite fisso di “Ok, il prezzo è giusto!” e, tra le tante partecipazioni, riesce anche a portarsi a casa un viaggio ai Caraibi per due settimane. Gli anni passano e l’anziana madre, rimasta a vivere in Polesine, ha bisogno di assistenza. Aurelio mette la famiglia davanti a ogni ambizione e ritorna così a Gavello, il suo paesino.
Il ritorno in Polesine è legato anche al suo amore per la campagna e per la sua terra natìa. Qui il buon Turpino non risparmia la sua dinamicità: organizza recite, spettacoli per bambini, feste danzanti. È inoltre tra i principali animatori della “Festa delle Rose”. Non serve uno schermo, piccolo o grande che sia, per accendere il piccolo grande attore partito dal Polesine e divenuto re incontrastato della mitica stagione delle pubblicità italiane. —




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