L'addio al Cvn di Luigi Magistro: «Missione compiuta, il malaffare è stroncato»

Il commissario straordinario del Consorzio Venezia Nuova: «Ho concordato la mia uscita con il presidente Cantone. L’opera sarà in funzione nel 2022 a patto che arrivino subito i 221 milioni promessi»
Interpress/Mazzega Vitucci Venezia, 08.09.2015.- Mosem chiatta per la manutenzione portelloni
Interpress/Mazzega Vitucci Venezia, 08.09.2015.- Mosem chiatta per la manutenzione portelloni

VENEZIA. «Esperienze ne ho fatte tante nella mia vita, ma una situazione del genere non l’avevo mai vista. Me ne vado soddisfatto di aver riorganizzato il Consorzio. Dopo tutto quello che è successo non era scontato: perché quello era diventato uno strumento di disegni del tutto diversi dalla salvaguardia di Venezia». È dispiaciuto ma deciso, il commissario del Consorzio Venezia Nuova Luigi Magistro. Si era dimesso a sorpresa un mese fa, ieri nella sede dell’Arsenale ha finito di fare gli scatoloni e da domani sarà «un uomo libero». Napoletano, 58 anni, ex colonnello della Finanza ai tempi di Mani Pulite e dirigente del Demanio e dell’Agenzia delle Entrate, Magistro era in laguna dal 2015, inviato dal presidente dell’Anac Raffaele Cantone a raddrizzare una barca che stava affondando. Colpita dall’inchiesta, dagli scandali e dalla corruzione. Non sarà sostituito, e il governo straordinario della macchina del Mose passa ora agli altri due commissari, l’avvocato napoletano Giuseppe Fiengo e l’ingegnere torinese Francesco Ossola.

Dottor Magistro, Lei dice che si tratta di motivi personali. Non tutti ci credono.
«È un’uscita concordata con il presidente Cantone, potrebbero esserci nella mia vita altri orizzonti».

Non sarà che si è accorto che il Mose non finisce mai?
«L’orizzonte si allontana, ma non più di tanto. L’ultimo atto aggiuntivo alla convenzione non vuole allontanare, ma anzi mettere dei tasselli. Se non arrivano i 221 milioni di euro che mancano, la conclusione del Mose prevista a fine 2018 con la consegna dell’opera nel 2022, slitterà ancora».

Si aspettava quello che ha trovato?
«Ho trovato una situazione complessa e ingarbugliata. Da un lato un malaffare diffuso, dall’altro complicazioni da tutti i punti di vista, anche istituzionali».

Vuol dire che si è sentito solo, magari stretto da altri poteri?
«È chiaro che la nostra è un’attività dove sei sempre sotto pressione, governo da una parte e imprese dall’altra. Il commissario è in mezzo. Devi controllare ma devi anche portare a casa il risultato. Ci sono tante montagne da scalare».

Una squadra di calcio dove i giocatori si vendevano le partite...
«Mi pare azzeccata come metafora. E la burocrazia statale non aiuta».

Bilancio?
«Vado via con una certezza: senza commissari il Mose sarebbe diventato un monumento allo spreco italico».

Restano problemi tecnici importanti.
«Problemi che abbiamo provato ad affrontare e risolvere, non senza difficoltà. Ma, ripeto: qui bisogna portare a casa il risultato, finire l’opera».

I commissari restano in due. Dicono che lei fosse l’elemento di equilibrio tra l’avvocato e l’ingegnere. Cosa succederà ora?
«Se la caveranno benissimo. Io non sparisco. Se hanno bisogno di consigli sto qua».

La crisi del Consorzio è superata?
«No, ma abbiamo messo in atto una riorganizzazione necessaria, ridotte le spese e gli sprechi, i dirigenti e le consulenze. Ai dipendenti del Consorzio abbiamo assicurato il posto di lavoro, abbiamo salvato anche i lavoratori della Cav, assorbiti dalla Comar. Loro erano l’anello più debole».

Anche la Tethis, società di proprietà del Consorzio, è in bilico.
«Quella è un’altra partita. La Tethis è soggetto autonomo. Siamo riusciti a evitare il crac mettendo in mobilità solo 10 persone».

Le imprese del Consorzio hanno fatto causa ai commissari e chiedono i danni.
«Grossa parte dell’attività del Consorzio è adesso di stampo legale».

Anche questa una complicazione.
«Beh, non è divertente. Alleni un giocatore e questo ti fa causa....»

Il Mose sarà concluso?
«Spero proprio di sì. Non possiamo lasciare quest’opera a metà».

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