L’amore di Pierre Cardin per Venezia e quel sogno infranto del suo Palais Lumière

VENEZIA. «Non so perché, ma io mi sento più italiano che francese, mi sento veneto e veneziano, dove ho casa e vengo spesso: saranno la creatività e la voglia di lavorare».
Una dichiarazione d’amore che Pierre Cardin fece qualche anno fa – ricevendo il “Leone del Veneto”, il riconoscimento che la Regione attribuisce ai cittadini veneti o di origine veneta che si sono distinti – e che non ha mai rinnegato.
Nonostante una forte delusione, quella del progetto a lui caro del Palais Lumière, la torre trasparente alta 250 metri, due volte e mezza il Campanile di San Marco – con negozi, appartamenti, uffici – che voleva realizzare a Marghera e che non ha mai visto la luce per i costi faraonici del progetto, le critiche per il suo possibile impatto visivo, la difficoltà ad acquisire i terreni inquinati da bonificare sulla quale sarebbe dovuta sorgere.
Ma l’amore per Venezia non era lo stesso venuto meno. «Non mi sento tradito», dichiarò a proposito della rinuncia al suo megapalazzo, «Capita. Io volevo vederlo. Peccato per Venezia. Volevo fare un’opera di disinquinamento: questo palazzo doveva essere un mazzo di fiori per la rinascita della città di Venezia. Un regalo».
Sognava di ospitare al suo interno anche un’università della moda. Pietro Cardin – questo il suo vero nome – ha lasciato con i genitori San Biagio di Callalta quando aveva 10 anni, per fuggire in Francia.
«Ripeteva spesso che Pierre Cardin era nato grazie al Fascismo», ricorda sorridendo il sovrintendente del teatro La Fenice Fortunato Ortombina , «perché se non fosse stato per quella minaccia non si sarebbe mai trasferito in Francia e non sarebbe diventato lo straordinario stilista che è stato. Un uomo pieno di vitalità e senso dell’umorismo, che non aveva mai fatto mancare il suo sostegno alla Fenice e qui aveva fatto rappresentare anche un suo spettacolo ispirato al Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. A Parigi negli anni Cinquanta nel suo teatro personale aveva anche ospitato Marlene Dietrich al culmine della sua carriera, come mi raccontò».
A Venezia, in Calle della Regina, Cardin aveva mantenuto una show room artistica proprio accanto al bel palazzo con giardino, Ca’ Bragadin, in cui si rifugiava quando calava in laguna.
«L’ho comperato in ventiquattro ore», raccontò qualche anno fa, «Qualcuno mi disse che era in vendita e allora andai subito a vederlo. Era intimo, discreto e pratico. Vicino a Rialto, ma anche in una posizione defilata. In più era ancora in un buono stato. L’ho visto la mattina e la sera avevo già deciso. Io amo immensamente Venezia dove ho anche le mie radici. Avere una casa in laguna mi piace molto. Lo considero un posto di pace e di riposo, ma anche di creatività».
E rispetto al conflittuale rapporto con i turisti – prima del Covid – che i veneziani coltivano, replicava: «Ai veneziani che si lamentano faccio una domanda: non vanno forse anche loro in giro per il mondo? Non intasano gli autobus delle altre città? Non lasciano anche loro i loro rifiuti in giro? Anche qui vicino a Rialto è molto diverso rispetto a una volta. Nel giro di pochi mesi tre bar sotto casa sono passati ai cinesi. Ma non mi sconvolgo per questo. È il segno dei tempi. A Parigi è lo stesso».
Rispetto al perché Cardin avesse scelto proprio Venezia come suo buen retiro, lo stilista era categorico: «Il fatto è che a Venezia non ci si annoia mai. E questa città è il sogno della bellezza. È la città della contemplazione. È un centro di cultura eccezionale. Tutti i musei del centro storico messi insieme hanno un valore inestimabile, che nessuna altra città del mondo possiede. Forse è troppo lenta. A Venezia non si può avere fretta e ogni tanto, invece, si ha fretta».
E in tutti questi anni il rapporto di Pierre Cardin con la città, pur sporadico, non si era mai interrotto. Era venuto anche lo scorso anno a 97 anni suonati, alla Mostra del Cinema, per presentare “House of Cardin”, il documentario di P. David Ebersole e Todd Hughes che ricostruisce ricostruendo la personalità e il ruolo nella storia della moda del grande stilista. Pierre Cardin è stato uno dei tanti uomini di ingegno che scelgono – discretamente – Venezia come proprio luogo di elezione. Sporadico, intermittente, ma mai tradito. Un legame particolarmente vivo con gli intellettuali di cultura francese, che vivono con questa città una sorta di simbiosi. Basti pensare, tra i tanti, a un altro Pierre, Rosenberg, grande storico dell’arte e direttore del Louvre, che a questa città non rinuncia mai e che, come Cardin, qui ha anche preso casa. —
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