Latino alle medie, più storia e Bibbia. I presidi veneti: «Scuola antiquata»
Le nuove linee guida del ministero per gli studenti da 6 a 13 anni creano polemica. I dirigenti: «Basta strumentalizzare politicamente l’apprendimento»
Un salto indietro di mezzo secolo: non piace la nuova scuola annunciata dal ministro Valditara.
Il latino dalla seconda media in poi - che non si vedeva dal 1978 -, le poesie da mandar giù a memoria, una strofa dopo l’altra, la letteratura italiana fin dalle elementari e poi l’abolizione della geostoria, il potenziamento della storia risorgimentale e la lettura della Bibbia: tutti aspetti contenuti nelle nuove indicazioni sui programmi per la scuola primaria e secondaria di primo grado, rivisti dalla Commissione formata da docenti di atenei pubblici e telematici e anticipati dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Si aspettano le linee guida vere e proprie, ma intanto il primo progetto di riforma verrà condiviso con il mondo della scuola, dai sindacati alle associazioni, e dopo gli ultimi ritocchi in primavera, si partirà con l’anno scolastico 2026-2027.
La bocciatura dei presidi
Il confronto non promette bene e la rivolta sembra scontata: parola dei presidi veneti, che all’indomani dell’annuncio di Valditara hanno già bocciato quasi in toto le novità proposte, che renderebbero la scuola un “Piccolo mondo antico”, non adatto ai tempi che stiamo vivendo, alle classi sempre più multietniche e con studenti con disturbi dell’apprendimento e disabilità.
«La scuola deve guardare al futuro, che non è questo» scuote la testa Enrico Ghion, referente padovano dell’Associazione dei presidi.
Sono altri, a detta dei dirigenti scolastici, gli aspetti da rafforzare nelle classi italiane. «Ai nostri bambini bisogna insegnare bene l’inglese, nelle altre realtà europee lo parlano come se fosse la lingua madre fin da piccoli, noi siamo ancora troppo indietro» sottolinea Armando Tivelli, referente regionale dell’associazione.
A confermare le difficoltà con l’inglese sono gli stessi risultati delle prove Invalsi del 2024: quasi il 100% degli alunni di quinta elementare è insufficiente nella comprensione del testo. «Le ore di inglese non sono poche, all’estero i ragazzi sono avvantaggiati perché sono maggiormente esposti agli stimoli linguistici anche grazie alla televisione, mentre a noi questo aspetto manca» fa notare Luana Scarfì, preside dell’Istituto Comprensivo Martini di Treviso.
La lettura della Bibbia
Tra gli aspetti più divisivi, poi, la lettura della Bibbia: «Non ne capisco il motivo, hanno già religione» aggiunge, mentre il rappresentante dei dirigenti per la provincia di Venezia, Luigi Zennaro, si dice meno critico. «Sono d’accordo che venga considerato come un testo laico e che si ritorni anche alla lettura dell’Iliade o dell’Odissea, tuttavia sarà necessario avere degli adattamenti che possano andare bene per bambini e ragazzi così giovani».
E la geostoria? «Non penso sia un problema rafforzare la storia nazionale, è importante che i nostri studenti la conoscano, non ci vedo niente di ideologico» prosegue Zennaro che, tuttavia, non nasconde il proprio scetticismo rispetto a un possibile ritorno della geografia delle regioni, delle province imparate a memoria e dei fiumi, laghi e mari snocciolati con una cadenza ritmica.
Una geografia nostalgica in una scuola che lo è ancora di più, che aggiorna i programmi non pensando tanto alle esigenze delle future generazioni, alle realtà che sono oggi le classi, ma insegue il fil rouge del “ai nostri tempi sì che eravamo preparati”. «Che vantaggio hanno i ragazzi dall’imparare le province a memoria?» attacca il dirigente, «la geografia di cui hanno bisogno parla dell’impatto dell’uomo sull’ambiente, del cambiamento climatico».
Il tema è politico
Non si tratta solo di materie, metodologie o libri di testo: il tema è tutto politico e vede la scuola diventare una bandiera politica, uno stemma da portare a casa a fine mandato. «Di destra o sinistra che siano, ogni ministro che passa deve fare qualche piccola riforma che non rivoluziona il sistema ma che, spesso, crea solo disagi. La scuola ha bisogno di stabilità» ribadisce Tivelli.
L’ultimo aggiornamento dei programmi scolastici era stato fatto dal ministro Francesco Profumo, nel 2012, durante il governo Monti.
Prima la riforma Gelmini, poi con Renzi arriva la “Buona scuola” che introduce l’alternanza scuola lavoro, con il governo Gentiloni la ministra Fedeli proseguirà la riforma “Buona scuola bis”, accusata di piegare gli istituti a servizio delle aziende. E poi ancora, le varie riforme sull’esame di Maturità che dal 2019 al 2021 si sono susseguite, la reintroduzione dei giudizi sintetici alla scuola primaria voluta da Valditara e a seguire il liceo del Made in Italy e la sperimentazione 4+2 negli istituti tecnici e professionali. «La scuola è frastornata» conclude Zennaro, «non dovrebbe essere una bandierina ideologica, perché è un bene di tutti». —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova