Lavori del Mose a Venezia, confiscati beni per 9 milioni di euro all’imprenditore Cinque

Sigilli a palazzi e ville a Roma e provincia. Trovati anche mobili Luigi XIV e soldi su conti correnti

Carlo Mion
Erasmo Cinque
Erasmo Cinque

VENEZIA. Lo Stato si riprende parte del maltolto attraverso le tangenti pagate per i lavori del Mose. Questa volta i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Venezia, hanno confiscato all’imprenditore Erasmo Cinque beni per 9 milioni di euro. Cinque era considerato dalla di Venezia il mediatore tra l’ex ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli e il Consorzio Venezia Nuova, di cui era socio con la sua impresa di costruzioni. Sono stati messi i sigilli a storici palazzi in centro a Roma, a una villa sul litorale romano e a 220 mila euro depositati su un conto corrente.

All’epoca delle indagini era stato calcolato che la tangente pagata dal CVN al duo Cinque-Matteoli ammontava a ben 18 milioni di euro. La confisca è conseguente alla recente pronuncia della Corte di Cassazione con cui, nel sancire l’annullamento per intervenuta prescrizione della sentenza di condanna, comminata nei precedenti gradi di giudizio a Cinque (4 anni di reclusione), è stata confermata la confisca di quanto ricevuto dallo stesso quale prezzo della corruzione commessa in concorso con Matteoli.

Come si ricorda Matteoli è morto in un incidente stradale a Capalbio nel dicembre 2017. La tangente riguardava, in particolare, l’assegnazione al Consorzio Venezia Nuova dei finanziamenti per la bonifica dei canali di Porto Marghera e la nomina, quale Magistrato alle acque di Venezia, di un “presidente asservito” al consorzio. Quale controprestazione della decisione politica, i lavori furono assegnati dal Consorzio Venezia Nuova ad una Associazione temporanea di imprese costituita tra una società riconducibile a Erasmo Cinque e un’altra ditta aderente al CVN.

Le indagini hanno dimostrato che la prima, pur non avendo eseguito materialmente alcuna opera, ha partecipato agli utili derivanti dalle commesse quantificati, in sede giudiziaria, in 18 milioni di euro e divisi, in parti uguali, ai due indagati (l’imprenditore e il politico). Come stabilito dalla Corte d’Appello, la somma oggetto di confisca riguarda il prezzo della corruzione, ossia la parte della tangente ricevuta dall’imprenditore per “gli illeciti favori” assicurati al Consorzio da Matteoli. Quest’ultimo con la morte è uscito dal processo e pure dai procedimenti civili e dalle relative confische.

La Procura Generale di Venezia ha delegato il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Venezia ad approfondire il profilo economico-patrimoniale dell’imprenditore al fine di individuare beni e somme di denaro nella sua disponibilità da sottoporre a confisca. I Finanzieri hanno analizzato tutti i negozi giuridici di cui è stato protagonista Cinque negli ultimi trent’anni. Le indagini hanno permesso di scovare 16 unità immobiliari a Roma e provincia del valore complessivo di oltre 8 milioni di euro, formalmente intestate ad un’immobiliare lussemburghese il cui titolare effettivo è risultato essere Erasmo Cinque. Oltre a questi immobili di pregio, tra cui un palazzo che ospita gli uffici amministrativi dell’ambasciata di Spagna a Roma e una villa a Fregene, confiscati i mobili stile Luigi XIV che arredavano l’abitazione in uso a Cinque ma intestata alla società lussemburghese.

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