Le mani della 'Ndrangheta sui rifiuti a Verona, terremoto Amia: indagato l'ex sindaco Tosi

L'ex sindaco di Verona è indagato con l'accusa di peculato. Tra gli arrestati ci sono anche un ex presidente e l’attuale direttore dell’Amia. Secondo l’accusa esiste un sistema malavitoso che ha permesso alla 'Ndrangheta di entrare nel settore dei corsi di formazione per la sicurezza nel posto di lavoro
VENEZIA. Corruzione, riciclaggio, piccole estorsioni e investimenti nel mondo dell’edilizia sono gli affari della famiglia Giardino che da una ventina di anni ha messo radici nel Veronese. Una delle famiglie più potenti dell’ndrangheta di Isola Capo Rizzuto.Coinvolto nell'indagine anche l'ex sindaco di Verona Flavio Tosi: è indagato con l'accusa di peculato
 
Tra gli arrestati, a conferma della capacità penetrativa della famiglia, ci sono anche un ex presidente e l’attuale direttore dell’Amia, la municipalizzata che si occupa della raccolta di rifiuti a Verona. Secondo l’accusa sono stati corrotti dai malavitosi per poter entrare nel settore dei corsi di formazione per la sicurezza nel posto di lavoro. Dei 26 arrestati 16 devono rispondere di associazione di stampo mafioso.
 
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Ndrangheta a Verona, tutti i nomi degli arrestati
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 04.06.2020.- Conferenza stampa Procura arresti criminalita' organizzata.
 
La Polizia di Stato sta eseguendo, in provincia di Verona, un’ordinanza che dispone misure cautelari nei confronti di 26 indagati (di cui 17 destinatari di custodia cautelare in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria).
 
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Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti, truffa, corruzione e turbata libertà degli incanti, talora aggravati da modalità mafiose.
 
Le indagini, dirette dalla procura distrettuale di Venezia e condotte, tra il 2017 ed il 2018, da un gruppo di lavoro composto da investigatori della Prima Divisione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dai poliziotti delle Squadre mobili di Verona e  Venezia, hanno accertato gravi indizi relativi ad una strutturata ed autonoma locale di ’ndrangheta operante a Verona e nella sua provincia, riconducibile alla potente cosca degli "Arena-Nicoscia" di Isola Capo Rizzuto (Crotone).
 
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L’indagine corroborata dal contributo di alcuni collaboratori di giustizia ha fatto emergere gravi indizi di condotte criminali tipiche delle propaggini extra regionali della 'Ndrangheta ispirate alla commistione di metodologie corruttive, collusive ed estorsive, ed ha consentito di registrare anche indebiti rapporti tra alcuni appartenenti al sodalizio mafioso in questione ed i dirigenti di una società municipalizzata veronese operante nel settore della raccolta dei rifiuti urbani
 
L’indagine ha consentito l’emersione di un’articolazione della locale scaligera facente capo alla famiglia Giardino di origine isolitana che ha radicato in modo autonomo le proprie attività illecite nella provincia veneta mantenendo stabili rapporti affaristici con le analoghe strutture mafiose operanti in Emilia-Romagna e Lombardia.
 
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Nel medesimo contesto è stato disposto il sequestro preventivo di un ingente patrimonio immobiliare aziendale e finanziario per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro ritenuto provento dell’attività illecite del sodalizio mafioso, frutto degli approfondimenti investigativi e patrimoniali svolti dalla sezione specializzata del servizio centrale operativo
 
Il procuratore Cherchi
 
«È un'indagine sulla criminalità organizzata che tocca per la prima volta Verona, dopo Padova e la zona del Veneto orientale, che dimostra la presenza strutturata della criminalità organizzata in regione e nello specifico la 'Ndragheta della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, con capo la famiglia Giardino». Lo ha detto il procuratore di Venezia Bruno Cherchi, in merito all'inchiesta 'Isola Scaligerà svolta dalla Dda lagunare con la Polizia di Stato, lo Sco e le squadre mobili di Verona e Venezia.
 
«Ancora una volta abbiamo potuto evidenziare - ha proseguito Cherchi - che la 'Ndrangheta ha valorizzato dei rapporti diversi dalla casa madre con imprese fittizie che riciclavano denaro coinvolgendo imprenditori specie edili e uomini della Pubblica amministrazione compiacenti, creando fondi cassa che poi venivano utilizzati per le più avariate attività criminali a cominciare dallo spaccio di stupefacenti. Quanto accaduto nel Veronese - ha concluso - conferma quanto accaduto in altri luoghi del Veneto ed è preoccupante»
 
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Le reazioni
 
«Duro colpo inferto alle organizzazioni criminali grazie all'encomiabile operato di investigatori e magistrati antimafia. La lunga serie di arresti di questa mattina, da Palermo a Verona, è prova che anche in questi ultimi mesi di generale stravolgimento, il contrasto alla criminalità organizzata non ha mai ceduto il passo. Le inchieste della DDA confermano i timori di una possibile espansione del fenomeno mafioso tra le lacerazioni causate dalla crisi nel tessuto economico e sociale del Paese. Ora più che mai è fondamentale mantenere lo sguardo vigile».
 
«Gli arresti di questa mattina che, nell'ambito di due differenti inchieste, hanno decapitato il clan mafioso dei Noce a Palermo e la locale ndranghetista di Verona, dimostrano che lo Stato c'è, combatte e vince contro la criminalità organizzata. Dobbiamo essere riconoscenti agli investigatori e ai magistrati che con impegno e professionalità hanno portato a questi risultati». Così Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd e capogruppo in commissione Antimafia commenta gli arresti effettuati in Sicilia e a Verona.
 
«Ancora una volta da queste inchieste risulta evidente che le mafie si sono insediate su tutto il territorio nazionale e quindi vanno ascoltati i richiami a tenere alta la guardia, soprattutto in questi momenti di crisi, che vengono da tanti magistrati. L'impegno di tutte le istituzioni è necessario e indispensabile», conclude
 
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