Legge sul commercio, primi sì tra le polemiche

VENEZIA. Con l'approvazione dei primi 4 dei 33 articoli previsti, si è conclusa a tarda sera (per riprendere stamani) la prima seduta del Consiglio veneto dedicata alla nuova legge sul commercio che - nelle parole pronunciate in aula dall’assessore Isi Coppola - si propone di «favorire le iniziative commerciali, anche di grande distribuzione, nell’ambito dei centri storici», favorendo nel contempo «il recupero del territorio e la riconversione di aree dimesse e degradate».
La maggioranza di centrodestra ha respinto numerosi emendamenti delle opposizioni che sollecitavano un ruolo più incisivo dell’assemblea per quanto riguarda i regolamenti attuativi. In verità, le competenze regionali in materia sono assai ridotte: «L'Unione Europea, con l'obiettivo di eliminare ogni ostacolo alla libertà di attività commerciali nel territorio comunitario, tramite la direttiva Bolkestein finisce per intaccare la possibilità delle Regioni di autodeterminare la programmazione degli esercizi commerciali secondo le caratteristiche e i bisogni del tessuto locale», ha lamentato il relatore di maggioranza Luca Baggio (Lega) illustrando i punti più rilevanti del testo e indicando come traguardo «la fine dell'occupazione senza regole di territorio avvenuta fino ad oggi». Diagnosi sostanzialmente condivisa da Roberto Fasoli (Pd), convinto però che «una legge così importante dovrebbe essere al centro di un confronto con le forze sociali le categorie e i sindacati ben più approfondito e articolato di quello avvenuto nelle scorse settimane»; a cominciare, ha chiosato il democratico Bruno Pigozzo, dal ruolo delle amministrazioni locali nella manovra urbanistica. Anche Stefano Peraro (Udc) ha condiviso le finalità legislative, sollecitando però «incentivi diretti gli insediamenti commerciali nel cuore delle città».
A proposito di commercio, è viva l’eco delle reazioni alla sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto il ricorso della Regione Veneto contro la liberalizzazione dell’orario di apertura e chiusura dei negozi voluta dal Governo Monti.
«Queste norme pregiudicheranno la salvaguardia dei centri storici e la funzione sociale dei negozi di vicinato, con conseguenze sia sul piano della vita delle città che su quello della sicurezza dei cittadini», attacca il presidente venetoe di Confcommercio Massimo Zanon, convinto che la sentenza della Consulta sancisca «la prevaricazione dei centralismi sulle competenze regionali», penalizzando l’offerta al dettaglio ai consumatori, i titolari dei negozi, costretti a sostenere costi e problemi gestionali e i dipendenti, chiamati a sacrificare il loro riposo festivo che a questo punto rischiano il posto di lavoro».
Critiche anche le organizzazioni sindacali del commercio aderenti a Cgil, Cisl e Uil: «L’allargamento degli orari e le aperture illimitate non hanno creato ne più consumi né tanto meno nuova occupazione», affermano Adriano Filice (Filcams), Maurizia Rizzo (Fisascat) e Luigino Boscaro (Uiltucs)«al contrario hanno peggiorato le regole del mercato sacrificando molti posti di lavoro nella piccola distribuzione, spesso costretta a chiudere».
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