L’ultimo saluto di Elisabetta Casellati a Nicolò Ghedini. «Amico mio»
Esistono le istituzioni, i ruoli, le forme. E poi esistono le amicizie, i percorsi personali, gli incroci delle esperienze. Abbiamo chiesto a Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica italiana, di ricordare Niccolò Ghedini, con un’intervista o un testo firmato. La Presidente ha scelto di scrivere per noi queste impressioni.
IL RICORDO
Caro Direttore, devo dire che faccio fatica a schiacciare su carta ricordi ed immagini di chi non c'è più, perché ho sempre pensato che i sentimenti appartengano alla propria intimità.
Lei mi ha chiesto da quando conosco Niccolò Ghedini. D’istinto direi da sempre. Perché la memoria fa fatica a collocare nel tempo una presenza familiare che appartiene alla mia storia.
La nostra frequentazione risale alla mia attività di avvocato a Padova. Niccolò era molto più giovane di me, ma conoscevo bene le sorelle e i nostri studi legali erano a pochi metri di distanza.
Pur avendo diverse specializzazioni - io civilista e Niccolò penalista - avevamo sviluppato una collaborazione professionale, tant’è che ho diviso con lui uno studio legale a Roma.
Pacato e taciturno, grazie alle armi del diritto si trasformava in un autentico combattente. Quella che era un’amicizia nata sotto l’egida del diritto si era poi rinsaldata nell’esperienza politica. Condividevamo una comune passione, ispirata dalla fede negli stessi ideali e dalla lunga militanza in “Forza Italia”.
Ci legava, insieme agli impegni nazionali, lo straordinario rapporto con il territorio e con la comunità padovana e veneta, che ci ha portato spesso a confrontarci sulle piccole come sulle grandi decisioni, anche con accese discussioni.
Quello che a mio parere lo rendeva speciale era che, pur stando dietro le quinte, fuori dai riflettori, era l’assoluto protagonista di tutte le scelte strategiche. Niccolò c’era sempre, anche nei momenti più drammatici della storia del nostro partito.
Ricordo con grande affetto le nostre cene. Niccolò era un commensale atipico. Mangiava poco, ma era un amabile conversatore dal raffinato umorismo. L’unica “debolezza” erano le meringhe, che quando veniva da me non gli facevo mai mancare.
In tutto, emergeva la figura di un uomo che, dietro l’apparenza severa e lo sguardo impenetrabile, aveva in realtà una umanità autentica, quella dell’impegno costante per i più deboli e per i più bisognosi, coltivato con totale discrezione.
Aveva due grandi passioni: le auto d’epoca e i cani. Mi aveva colpito il suo racconto che esprimeva il forte legame con il suo cane Thor: quando non stava bene, ma non aveva scoperto ancora la terribile malattia, Thor gli andava in braccio e piangeva.
È difficile dire quali siano i tratti dell’“uomo” Niccolò che ho amato maggiormente. La passione per il diritto, il rapporto viscerale con il territorio, la naturale vocazione per la politica, la capacità di regalare ai meno fortunati autentica felicità, l’acume personale.
Tanti tasselli di un ritratto umano di rara fattura, dal fascino antico e dalla consapevolezza contemporanea.
Grazie Niccolò. Grazie per la tua voce autorevole. Ti ricorderò gelosamente, con la stima e l’affetto di sempre, continuando a combattere perché le tue battaglie e la tua testimonianza non cadano invano.
Maria Elisabetta
Alberti Casellati
Presidente del Senato
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