Mafia russa sgominata grazie ai tatuaggi

Operazione dell’Arma di Verona. In manette 35 persone: sulla pelle la loro carriera criminale

VENEZIA. Una banda di criminali che funzionava come una vera e propria associazione mafiosa. E, stando agli inquirenti, la testa della piovra stava a Mosca, mentre i tentacoli operavano in Moldavia e soprattutto in Italia. I carabinieri di Verona, con le loro indagini coordinate dal pubblico ministero antimafia di Venezia Giovanni Zorzi, hanno tagliato il tentacolo italiano. Nei giorni scorsi sono state arrestate 35 persone, per la maggior parte moldave e romene, oltre a un russo: sono accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso, di un’ottantina di gravi estorsioni, delle detenzione di numerosi armi, di aver favorito l’immigrazione clandestina. L’organizzazione - si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice veneziano Antonio Liguori - è «tuttora in condizioni di imporre il più dispotico dei controlli su iniziative economiche esercitate da cittadini dell’est europeo nel settore del trasporto di persone e di merci tra la Moldavia e l’Italia». Le «vittime erano di fatto tenute a pagare periodicamente a titolo di protezione, sotto la minaccia di drastiche inesorabili sanzioni tra i 50 e i 150 euro a tragitto». Tutto questo dal 2006 al 2011: gli uomini dell’organizzazione taglieggiavano i trasportatori che partivano da Verona, da Vicenza, da Mestre, da Modena, Reggio Emilia e da Brescia per la maggior parte, trasportando i beni che gli immigrati moldavi in Italia spediscono ai loro parenti in patria. A Verona, tra l’altro, la banda taglieggiava anche gli spacciatori marocchini e tunisini, costretti a pagare fino a 150 euro al giorno per poter vendere la loro droga, altrimenti veniva sequestrata loro.

Stando alla Procura, si tratta di un’organizzazione transnazionale con i capi, i «vor», a Mosca e con appendici in vari stati, sia dell’ex Unione sovietica sia dell’Europa occidentale. A dare una mano agli investigatori dell’Arma anche i tatuaggi impressi sulla pelle degli arrestati, bloccati a Verona e dintorni negli ultimi anni. Il tatuaggio, infatti, riveste una funzione fondamentale nelle organizzazioni criminali di molti paesi dell’ex Unione sovietica, come ha spiegato, nel suo romanzo «Educazione siberiana», lo scrittore Nicolai Lilin.

Sulla pelle dei criminali si può leggere la loro storia e la loro carriera. Comunemente sono raffigurate chiese e santi, che esprimono l’appartenenza a un gruppo e la propria subalternità solo a Dio. Ci sono poi i disegni che indicano il grado rivestito nell’organizzazione. Il «vor», il capo, ha spesso una stella sul petto, ma anche sulle ginocchia, per far capire che non è disposto a inginocchiarsi davanti ad alcuno. Per segnalare i reati commessi ci sono vari tipi di animali ed altri segni indicano i periodi trascorsi in carcere. Con gli inquirenti italiani ha collaborato la Polizia moldava.

Giorgio Cecchetti

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