Mareggiate fuori stagione. «Hanno impatti sempre più forti. Ripensare gestione e pulizia delle spiagge»

Gabriella Buffa (Ca’ Foscari) rilancia l’importanza delle dune come soluzione sostenibile
Giovanni Cagnassi
Il gradino di sabbia dopo la mareggiata a Jesolo e la professoressa Gabriella Buffa, dell'Università Ca' Foscari Venezia
Il gradino di sabbia dopo la mareggiata a Jesolo e la professoressa Gabriella Buffa, dell'Università Ca' Foscari Venezia

VENEZIA. Le dune come soluzione naturale e sostenibile contro l’erosione marina. È il nocciolo del progetto “Life Redune” con il contributo del programma Life dell’Unione Europea. L’obiettivo è la tutela e ricostruzione degli habitat dunali come difesa della costa.

Certo, non possono essere la soluzione a tutti i problemi relativi all’erosione marina, ma un fondamentale inizio da cui ripartire dopo gli errori commessi nei decenni. Basti pensare che la pineta di Jesolo, oggi zona più colpita da mareggiate ed eventi meteo avversi, ospitava una sistema di dune unico sulla costa Adriatica. Si estendevano per centinaia di metri prima di arrivare al mare.

La professoressa Gabriella Buffa, docente a Ca’ Foscari al dipartimento di Scienze ambientali, è la responsabile del progetto Life Redune. L’erosione subita in questi giorni non è dovuta tra le altre cose al vento di Scirocco, ma a un vento di Bora che insolitamente soffiava da Est a Nord est e per diversi giorni consecutivi. Un forte vento, ma non certo una mareggiata come quelli cui siamo abituati nella stagione invernale. Molti si sono infatti stupiti delle conseguenze del vento sulla spiaggia. Evidentemente ci sono molti fattori avversi che vanno dal ripascimento finora effettuato, alla presenza di pennelli in roccia che non sempre sono stati utili e hanno svolto la funzione per cui erano stati concepiti. Ma l’impressione è che il lido Est sia ora indifeso anche di fronte a un vento improvviso che alza il mare e le onde.

Professoressa, cosa può essere successo?

«Ormai dobbiamo aspettarci sempre più spesso questi eventi meteo avversi e con impatti sempre più forti. Quindi dobbiamo anche pensare a possibili soluzioni che siano realmente efficaci».

E torniamo all’importanza delle dune.

«Le dune sono elementi di mitigazioni per eventi atmosferici come questi. Dopo muri e dighe realizzate anche in Olanda per diversi decenni, è la ricostruzione degli ecosistemi la soluzione che oggi viene maggiormente presa in considerazione. Certo non solo le dune».

Ci sono altri interventi?

«Ad esempio bisogna prendere in considerazione la gestione dei fiumi, perché possiamo notare come diminuisce la quantità di sedimento dalle foci e che poi dovrebbe essere distribuita alle spiagge. I pennelli in roccia non sono una soluzione opportuna perché non fanno altro che bloccare le correnti con strutture rigide. La conseguenza è che a monte del pennello la spiaggia accresce e a valle si formano una sorta di baie di erosione, una morfologia concava. Ci sono ad esempio delle protezioni mobili che possono essere prese in considerazione, formando una barriera che asseconda le correnti».

«Ma più in generale dobbiamo ripensare la gestione delle spiagge, troppo sfruttate per il turismo. Ciò non vuol dire che non si debba fare impresa e dobbiamo rispettare chi ha lavorato in tutti questi anni. Non lo possiamo certo eliminare, ma deve essere un turismo più sostenibile».

«Pensiamo, ad esempio, alla pulizia delle spiagge che non può essere con trattori che transitano in lungo e in largo e tagliano il piede della duna che poi inevitabilmente scompare. E non si deve asportare genericamente tutto il rifiuto, come le alghe, le piante, anche il legno, magari non i tronchi. Servono anche queste a trattenere la sabbia. La spiaggia non va livellata continuamente. Noi, nell’ambito del progetto, abbiamo ricreato della dune da Cavallino fino alla foce del Tagliamento, in particolare a Valle Vecchia in Brussa e a Bibione e i risultati sono stati ottimi».

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