Melegatti, la favola di Natale: al lavoro per sfornare pandori dopo il rischio chiusura

Gli operai: «Segnale preciso, i marchi italiani del “food” si possono salvare» 

VERONA. La favola di Natale l’ha scritta la Melegatti, risorta dalle ceneri con l’eterno elisir della società veneta: l’etica del lavoro, il patto tra operai e imprenditori che nel giro di quarant’anni ha trasformato i cento chilometri della A4 Venezia-Verona in uno dei distretti industriali più importanti d’Europa.

Tra le fabbriche e i vigneti di Soave e Recioto, ha messo solide radici poi sono arrivate Bauli, Dal Colle, Paluani con il Chievo di Campedelli e anche Motta, griffe milanese salvata dallo Stato nella stagione delle Partecipazioni statali.

GLI “ANGELI DEL LIEVITO”

La storia della Melegatti si è interrotta nel 2017 quando la “dinasty” Turco ha fatto calare il sipario. Una crisi durissima con 90 posti a rischio, superata con arguzia perché il tribunale di Verona ha consegnato le chiavi della fabbrica a due operai, diventati gli “angeli” del lievito madre: Matteo Peraro e Davide Stupazzoni, assunti l’uno nel 2004 e l’altro nel 1995, ogni mattina si sono alternati per impastare il lievito madre. Senza stipendio.

Tutti i giorni, sicuri che prima o poi si riapriva i battenti. Dal 20 novembre le impastatrici hanno ripreso a girare 24 ore su 24 e il nuovo corso porta il nome di Giacomo Spezzapria, giovane imprenditore vicentino, nominato presidente, che ha voluto al suo fianco Denis Moro, come amministratore delegato, rientrato in Italia dopo un lungo “tirocinio” negli Usa.

Sul piatto della bilancia hanno messo un assegno da 13,5 milioni di euro con cui “Sominor” si è trasformata in “Melegatti 1894 Spa” e l’azienda ora fa parte di un gruppo alimentare con tre importanti società di packaging: la vicentina Eriplast, la trentina Fucine Film e la modenese Albertazzi.

«Qui lavoriamo giorno e notte, senza sosta, gli operai stanno spedendo i pacchi ai supermercati», dichiara una dipendente mentre esce per la pausa pranzo. «Da Verona arriva un segnale preciso, i marchi italiani del food si possono salvare e non sono destinati a finire tutti in mani straniere, l’ultimo caso è la Pernigotti: qui c’è l’impegno diretto di una grande famiglia veneta di imprenditori».

Retorica e orgoglio della provincia che si oppone alla globalizzazione? Certo. Gli Spezzapria con la loro offerta hanno battuto la concorrenza di Hausbrandt, azienda trevigiana del caffé e del fondo maltese Open Capital gestito da Abalone Asset Management.

La “dinasty” vicentina inizia nel 1873 ed è più antica di quella della Melegatti: tra le colline di Seghe di Velo D’Astico, gli Spezzapria hanno creato Forgital Italy, colosso degli anelli laminati a caldo in acciaio utilizzati dalla Nasa per le navicelle spaziali, dai motori della Boeing e Avio e anche dai laboratori Rfx dell’Infn a Padova per la fusione nucleare con la ciambella Tomewak.



PROCESSIONE DI CLIENTI

Giacomo Spezzapria e Denis Moro centellinano le parole, ma sono sorpresi dalla processione di clienti: da quando lo spaccio ha aperto i battenti è un via-vai senza sosta. C’è chi è partito da Roma, dopo aver letto la news su Facebook, poi è arrivata una comitiva da Trento e ha fatto il pieno di pandoro.

Nello spaccio tre commesse servono i clienti: entrano due dipendenti di Veneto Strade, in missione Verona, e intonano una litania che passa di bocca in bocca. «Siamo qui, durante la pausa pranzo, per aiutare le famiglie colpite dalla crisi: so che sono stati riassunti 35 dipendenti, spero che anche gli altri possano rientrare», dice Pierluigi. Andrea Colombini e Francesco Greco sono partiti da Padova e hanno fatto tappa allo spaccio.

«C’è un legame affettivo con queste famiglie che sono riuscite a salvare il posto di lavoro, si tratta di un’azienda italiana che va aiutata». Anche Luca Zaia ha detto la sua su Fb: «In bocca al lupo a questa realtà veneta d’eccellenza!». Alessandra Moretti, consigliere regionale del Pd, ha invece visitato lo stabilimento: «Grazie a un imprenditore lungimirante, la Melegatti è stata salvata da una crisi che ne avrebbe determinato la chiusura definitiva. Ora dobbiamo sostenerla ed essere fieri dei prodotti italiani che rappresentano marchi prestigiosi del nostro made in Italy».
 

IL MANAGER.

Tra i clienti sbuca Paolo Procelli, manager di Chierese Pak del gruppo francese Autajon. «Anche noi abbiamo contribuito con grande slancio a questa campagna natalizia», dice prima di pagare con il bancomat la sua spesa alla cassa.

Nello spaccio giganteggia la prima pagina di “Repubblica” incorniciata come una reliquia. È di martedì 10 aprile 1985 e apre con un titolo a sei colonne: «Il concorso Natale d’oro Melegatti nel 1985 può paralizzare il sistema postale».

Un’ elegante signora intona un ritornello: «Fortuna lo sai, con Melegatti è più dolce che mai...» e c’era Franca Valeri come testimonia in tvl. Che storia è? Nel panettone e nei pandoro era infilata una cartolina con uno strepitoso gioco a premi: in palio una Ferrari, poi una Porsche e anche i primi Pc Macintosh della Apple. Una faticaccia per i postini sommersi da 2 milioni di cartoline, tanto che il governo convocò una riunione d’urgenza. Storia di fasti lontani, ora le mail hanno fatto sparire le lettere d’amore e le cartoline. E i postini fanno i conti con Amazon. Ma la Melegatti è salva: tornerà a regalare sogn i? —

(Ha collaborato Andrea Lugoboni)
 

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