Undicenne violentata a Mestre, l’orco preso e arrestato fingendo un controllo
Mulas è stato incastrato grazie all’intuito di un carabiniere rientrato in servizio. Sono stati decisivi i documenti persi dopo l’irruzione nella casa della bambina

Non aveva addosso la divisa, in quel momento sarebbe dovuto essere a casa, a riposare tra un turno di servizio e l’altro. Invece si è lanciato in strada, lo sguardo attento e la testa che macinava punti interrogativi, mettendo in dubbio ogni ombra, ogni movimento sospetto. Il giovane carabiniere che ha individuato e arrestato Massimiliano Mulas ha agito seguendo un lampo d’intuito affinato dall’addestramento, mettendo lo stupratore spalle al muro e chiudendo dopo appena quattro ore la caccia all’uomo che, silenziosa ma frenetica, stava animando tutto il Veneziano.
Sono le sette di giovedì sera quando il comando di Mestre raccoglie la chiamata di una madre disperata, che racconta la violenza indicibile subita dalla figlia undicenne, pedinata fino a casa e poi abusata ripetutamente da uno sconosciuto; l’Arma fa scattare il protocollo di massima urgenza, l’allerta arriva sui cellulari di tutti i militari del territorio, nessuno escluso, e tutti rispondono: chi aveva smontato, chi era in licenza, tutti salgono in auto e ritornano in azione, senza neppure preoccuparsi di passare in caserma per infilarsi di nuovo dentro l’uniforme.
I carabinieri hanno una descrizione del colpevole, fornita dalla vittima, sanno come era vestito, la sua corporatura, ma non solo: lì dove si è consumato l’orrore il responsabile ha perso il portafoglio con tanto di documenti e quindi nome, cognome e fototessera vengono trasmessi a tutti gli operatori partiti per rintracciarlo.
Il violentatore in fuga, però, è altrettanto consapevole della traccia che si è lasciato alle spalle: salta su un treno, raggiunge Padova – città che conosce meglio di Venezia, stando al suo curriculum criminale – entra in un negozio di vestiti a poco prezzo e si cambia completamente, poi si sbarazza dei suoi vecchi abiti, proprio come in un film.
E, come in un film, lo stratagemma rischiava di risultare tanto semplice quanto efficace: nuovi colori, nuova sagoma, a un sguardo superficiale era già diventato un’altra persona. Il 45enne ritorna sui suoi passi, alle 23.30 è tornato a Mestre, cammina lungo via Piave; e proprio lì, in un quartiere difficile, dove i movimenti sospetti sono purtroppo all’ordine del giorno, il suo fare circospetto finisce comunque per attirare l’attenzione del giovane carabiniere rientrato in servizio.
Il militare non può riconoscerlo dalla descrizione dei vestiti, ma vuole verificare: sa che Mulas ha perso la carta d’identità, gli chiede i documenti – perché così si fa sempre durante i servizi di controllo del territorio – e a quel punto la fuga è già finita, ogni espediente crolla.
Stupratore seriale, pluricondannato, il 45enne non aveva mai agito nel Veneziano e ora le indagini cercheranno di capire come e perché sia arrivato qui, seguendo quale schema abbia colpito.
Il suo fascicolo penale racconta di vent’anni trascorsi saltando di città in città, di violenza in violenza, un predatore nomade che si sposta seguendo forse solo i suoi peggiori istinti, ma non è detto che a questi non abbia saputo affiancare una fase di studio e di preparazione: da quanto tempo aveva scelto la sua vittima? Quante volte l’ha seguita a distanza, registrando i suoi movimenti, le abitudini sue e dei suoi genitori? Oppure, al contrario, giovedì sera il mostro era pronto ad aggredire chiunque, il suo sguardo feroce che si spostava da una possibile preda all’altra, a seconda delle opportunità?
Oggi, davanti al giudice per la convalida, queste domande verranno poste dal pubblico ministero, ma non è detto che il 45enne accetti di rispondere. Le indagini, invece, potranno fornire un quadro più preciso: i carabinieri stanno ancora controllando telecamere, movimenti, testimonianze, il loro lavoro non è ancora finito.
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