Mobbing in ospedale, risarcita

42 mila euro ad una dipendente vessata dai colleghi. Il Centro che si occupa del disagio sul lavoro fa il punto della situazione dopo 10 mesi d’attività
A dieci mesi dalla nascita, il Centro antimobbing di Padova sta trattando 28 casi di situazioni di grave disagio lavorativo, di cui due già risolti per via stragiudiziaria. Con risparmio per le aziende e soprattutto con tempi che non hanno appesantito le sofferenze delle persone sottoposte a mobbing. La prima storia riguarda Maria Antonia Lonuzzo, tecnico di laboratorio medico presso l’azienda ospedaliera padovana, con alle spalle 31 anni di onorato servizio.


Ha percepito dall’ospedale, in base ad un risarcimento transativo presso la Direzione Provinciale del Lavoro, 42 mila euro per i patimenti subiti nello svolgimento del suo operato. Ha inoltre ottenuto il trasferimento in un altro dipartimento della stessa struttura aziendale (da lei gradito) mantenendo le mansioni originarie.


«Era costretta ad operare in un ambiente di lavoro insopportabile, con i colleghi che non le rivolgevano più la parola facendola sentire esclusa. Era isolata e contestata non già a livello professionale ma per il suo carattere reattivo davanti alle cose che non andavano.


Ha trascorso gli ultimi tre anni da incubo, rimanendo a casa sei mesi per malattia» ricorda Barbara Bagante, fondatrice e presidente del Centro, con sede ad Albignasego via don Milani 39 e con sito www.centroantimobbingpadova.it. dove si registrano 500 «visite» al mese. Un’associazione volontaria e gratuita. Quella della soluzione stragiudiziaria è la linea della «ragionevolezza», cercata dai legali Ilaria Biagini e Marco Donà, che ha prevalso sulle altre ipotesi di conflittualità.


Anche l’avvocato Erika Bernardello ha attuato tale strategia per il caso del tecnico informatico vittima del mobbing. Incaricato d’impostare dati per un call center in presenza di un’organizzazione aziendale inadeguata, aveva finito per avvertire un disagio sempre più marcato. Con l’assistenza del Centro, si è arrivati ad una rapida definizione della vertenza così articolata: licenziamento incentivato del dipendente con un indennizzo di 10 mila euro, non volendo un rientro in quell’ambiente lavorativo.


Barbara Bagante fa il punto della situazione: «Il Centro, che si avvale della consulenza di psicologi ed avvocati del lavoro, opera puntando su questi obiettivi: centralità della persona, civiltà lavorativa, responsabilità etica ed attenzione al genere. Ciò allo scopo di far conoscere i fenomeni del disagio, analizzarne la dimensione, coinvolgere altri attori che nel territorio hanno competenza in merito, fornire supporto alle persone in difficoltà con attività d’ascolto attivo, assistenza e orientamento. Ma la nostra associazione opera anche per prevenire nuovi fenomeni, attraverso attività di formazione e sensibilizzazione di lavoratori dipendenti e dirigenti».


L’emersione del disagio occupazionale resta comunque scarsa e riflette le condizioni del sondaggio per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Fondazione di Dublino) che ha così stabilito: l’8% dei lavoratori dell’Unione Europea è vittima di mobbing. La presidentessa del Centro traccia dati tendenziali interessanti: «Visto il panorama, l’attività del Centro antimobbing padovano appare considerevole se paragonata ai pochi numeri di riferimento disponibili. I nostri dati sono in sintonia con quelli pubblicati: l’incidenza delle lavoratrici disagiate è del 68%, il 71% proveniente da aziende pubbliche e il 28,5% da aziende private. L’età media di chi cerca aiuto s’aggira sui 40 anni, mentre il profilo professionale più rappresentato è quello dell’impiegato, con il 56%. Gli operai sono invece il 29%, mentre i quadri con disagi toccano l’11%. Numerose segnalazioni di mobbing giungono anche dagli ambienti di lavoro-formazione, con particolare riferimento a dottoramdi e specializzandi».


Il Centro non produce diagnosi ma indirizza rispetto ai problemi, inviando alcuni casi di discriminazione di genere alla Consigliera di Parità provinciale, altri al sindacato d’appartenenza per la trattazione in sede adeguata, altri ancora allo Spisal o al patronato per problematiche legate all’assistenza. Tutti hanno ricevuto informazioni e materiale d’approfondimento del fenomeno, oppure indicazioni di comportamento.


La «signora antimobbing», così viene definita dagli addetti Barbara Bagante, affonda il dito nella piaga. «La disinformazione e la confusione non appartengono solo al lavoratore ma anche al datore di lavoro. Nelle grosse realtà ancora non si affronta il problema in maniera preventiva. Nelle aziende pubbliche, nonostante la direttiva del 24 marzo 2004 della Presidenza del consiglio dei ministri (Dipartimento della Funzione pubblica), per lo sviluppo e l’efficienza delle amministrazioni si fa ben poco. Un panorama desolante che si interseca con la grave crisi del lavoro e delle organizzazioni di tutela».


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