Helen, morta a 50 anni dopo l’intervento estetico. La famiglia accusa: «Gravi negligenze»
Ipotizzata la somministrazione errata di un farmaco: «Era la verità che temevamo dall’inizio, sono stati mesi terribili»
«La sua morte è il risultato di gravi negligenze da parte di terzi. La nostra battaglia non è solo per Helen», sottolineano i familiari, «è per tutte le persone che hanno diritto a sentirsi sicure in un luogo di cura. Vogliamo giustizia, e non ci fermeremo finché non l’avremo».
Parole cariche di dolore e determinazione che esprimono il dramma di una famiglia devastata dalla morte di Helen Comin, cittadellese di 50 anni, madre di quattro figli e moglie di Stefano Lago, titolare della Lago Inox Design di Galliera Veneta.
La vicenda
Helen è deceduta il 10 settembre 2024, cinque giorni dopo essersi sottoposta a un intervento di sostituzione delle protesi mammarie alla DiViClinic di Castelfranco Veneto. L’operazione sembrava essersi svolta senza complicazioni: al risveglio, la donna era apparsa serena e riusciva persino a sedersi sul letto.
Tuttavia, dopo circa un’ora, un’improvvisa crisi cardiaca l’ha colpita, portandola in coma e, pochi giorni dopo, alla morte. Secondo la famiglia e le indagini in corso, a provocare questa tragedia non sarebbe stata una fatalità medica, ma possibili errori, omissioni e il sospetto di un farmaco – l’oppioide Sufentanil – somministrato senza alcuna documentazione.
«Questi mesi sono stati terribili per noi», raccontano i familiari di Helen, visibilmente provati. «Ogni settimana aspettavamo nuove notizie sull’indagine. La verità che stiamo scoprendo ora è quella che temevamo sin dall’inizio: Helen non aveva alcun problema di salute preesistente. La sua morte è il risultato di gravi negligenze da parte di terzi».
Nonostante le difficoltà, la famiglia ha deciso di affrontare il proprio dolore con determinazione, trasformandolo in una battaglia per la verità.
«Abbiamo ricevuto molte testimonianze di altre persone che hanno vissuto esperienze simili. Queste storie ci hanno dato forza e coraggio per andare avanti», spiegano. Il caso di Helen ha messo in luce la necessità di maggiore trasparenza nelle cliniche private e l’importanza della sicurezza nei protocolli medici.
«Ogni passo che facciamo è per rendere giustizia a Helen e per evitare che altre famiglie debbano vivere lo stesso dramma», aggiungono i familiari. «Questa tragedia ha dimostrato una totale mancanza di supervisione e di gestione adeguata delle operazioni. Una vita è stata spezzata, e qualcuno deve rispondere di questa negligenza», conclude l’avvocato Lisa Tardivo.
Il giallo del farmaco
Mentre la comunità di Cittadella si stringe attorno ai suoi cari, si attendono i risultati degli esami sui tessuti prelevati durante l’autopsia. Se verranno trovate tracce del Sufentanil, sarà necessario chiarire chi abbia deciso di somministrarlo e perché questa informazione non risulti nelle cartelle cliniche.
Helen Comin era una donna conosciuta per la sua dedizione alla famiglia e al lavoro. «La nostra battaglia non è solo per Helen, ma per chiunque altro abbia diritto a sentirsi al sicuro in un luogo di cura», ribadiscono i suoi cari. «Non ci fermeremo finché non avremo giustizia».
Secondo la ricostruzione emersa ad oggi, un potente antidolorifico, il Sufentanil, potrebbe essere stato la causa scatenante della crisi cardiaca di Helen.
«Dalle cartelle cliniche della DiViClinic non emerge la somministrazione del farmaco, ma una telefonata tra un’infermiera della clinica e il personale dell’ospedale di Castelfranco fa riferimento proprio al Sufentanil», spiega l’avvocato Tardivo, legale della famiglia. Somministrato al risveglio per alleviare il dolore, il farmaco potrebbe aver provocato un effetto paradosso, stressando il sistema nervoso fino al coma. L’assenza di tracce di questa somministrazione nelle cartelle cliniche sequestrate solleva interrogativi inquietanti. «È inaccettabile che un farmaco di tale portata non risulti documentato. È necessario fare piena luce su quanto accaduto», aggiunge il legale.
Un elemento fondamentale è emerso dalla perizia condotta dai consulenti della Procura, il professor Terranova e il dottor Sorbara. «La consulenza ha escluso qualsiasi patologia preesistente come causa del decesso», conferma l’avvocato Tardivo. «Helen era in perfetta salute. La causa della morte è da attribuire a gravi negligenze mediche, sia nella gestione post-operatoria che nelle manovre rianimatorie».
Tra gli indagati figurano il chirurgo plastico Antonio Di Vincenzo, direttore della DiViClinic, e l’anestesista Fabio Toffoletto, ex primario dell’Usl 4 Veneto Orientale. Entrambi sono accusati di omicidio colposo, ma il quadro delle responsabilità è ancora in fase di definizione.
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