Mose, le carte che inchiodano il “sistema Mazzacurati”

VENEZIA. I soldi che gli tornavano indietro, frutto delle fatture gonfiate e delle retrocessioni, servivano a oliare il sistema Mose. C’erano le mazzette per il fabbisogno sistematico, cioè il pagamento periodico di politici e funzionari a libro paga.
C’erano quelle per i pagamenti episodici ma ordinari: ad esempio per i collaudi. E c’erano quelli per le emergenze: pagamenti necessari per risolvere problemi specifici. E poiché a gestire i soldi di questo fondo nero era lui, il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, ora la procura della Corte dei Conti lo ha citato chiedendo la restituzione di 21 milioni 750 mila euro, somma in parte sotto sequestro, compresa una villa a Cortina da 1,5 milioni di euro.
L’udienza è stata fissata per il 13 dicembre. La citazione chiama in causa Mazzacurati, in solido con il Consorzio e il suo vice, Alessandro Mazzi. Ma a anche Rosangela Taddei, in qualità di amministratore di sostegno del marito Mazzacurati, da alcuni anni gravemente malato.
Scampato all’incriminazione penale in quanto non processabile proprio per motivi di salute (è stata accertata una demenza), l’ex presidente del Cvn rischia di dover saldare un conto da capogiro con lo Stato.
Una somma che la Procura contabile guidata dal procuratore regionale Paolo Evangelista e dal vice Alberto Mingarelli ha calcolato come danno da tangente, l’insieme delle mazzette pagate per oliare il sistema che hanno provocato un incremento dei costi per la realizzazione dell’opera.
Realizzata da un soggetto privato - il Cvn - ma con un ruolo pubblico, in quanto concessionario unico dello Stato per la realizzazione del Mose, e quindi soggetto alle verifiche della procura contabile.
Secondo la ricostruzione della guardia di finanza era Mazzacurati che decideva quali dovevano essere le somme che andavano ad alimentare il fondo nella sua disponibilità, quali aziende del Consorzio dovevano metterle, e in quali proporzioni rispetto ai lavori assegnati.
Ed era sempre lui, in occasione delle campagne elettorali, a decidere a chi dovevano andare i finanziamenti e come ripartirli, per assicurare la continuità del Mose sul piano delle risorse e delle autorizzazioni. A consegnare i soldi era quasi sempre lo stesso Mazzacurati, che in qualche caso però si affidava ai collaboratori più fidati, come Luciano Neri e Federico Sutto.
E’ dal dicembre del 2014 che la guardia di finanza si è messa al lavoro per verificare - oltre ai riscontri già raggiunti sul piano penale - la presenza di un danno erariale legato alle dazioni illecite, e individuato quindi nei maggiori costi sostenuti dallo Stato. Mazzacurati, da alcuni anni residente a La Jolla, in California, non ci sarà all’udienza del 13 mentre potrebbe decidere di presentarsi la moglie.
In sede penale invece, dopo i patteggiamenti le condanne, è la volta delle aziende protagoniste dei lavori. I pm Ancilotto e Buccini le accusano di non aver vigilato abbastanza sui loro ex dirigenti. Mentre il grande accusatore, Pier Giorgio Baita, va verso il patteggiamento per corruzione e reati fiscali. —
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