Mose, riecco il business dei collaudi: incarichi milionari per testare l’opera
Cinquanta 50 milioni già pagati ai collaudatori. La lista del 2019, le nomine previste dal decreto di luglio. E i soliti nomi
VENEZIA. La giostra è pronta a ripartire. Collaudi milionari per garantire che il Mose funziona. Nuove nomine imminenti, allo studio della commissaria Elisabetta Spitz e del provveditore alle Opere pubbliche Cinzia Zincone.
Per affidare gli incarichi finali per il collaudo della grande opera da sei miliardi di euro. La legge prevede l’1 per cento ai collaudatori. Fanno 60 milioni. Di questi, buona parte sono già stati spesi negli anni passati. Non si capisce con quali risultati, dal momento che molte parti della grande opera poi sono risultate «non fatte a regola d’arte» o da rifare. Un mestiere remunerativo, quello del collaudatore.
Incarichi «extra funzione» che in passato venivano affidati in via fiduciaria dai presidenti del Magistrato alle Acque. I nomi che ricorrono sono sempre gli stessi. Gli ex presidenti dell’Anas Vincenzo Pozzi, recordmen degli incassi con 1 milione e 300 mila euro extra stipendio percepiti negli ultimi vent’anni. Il suo successore Pietro Ciucci con 747 mila euro. Ma anche l’alto magistrato del Tar Vincenzo Fortunato, l’ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici Balducci – coinvolto nell’inchiesta sui lavori del G8 – e i suoi fedelissimi Fabio De Santis. Alti dirigenti del ministero e ingegneri della Regione, l’ex vicepresidente del Magistrato Giampietro Mayerle. e gli ex dirigenti Alfredo Caielli, Maurizio Pozzato.
Collaudi sono stati affidati anche nell’ultimo anno, per una cifra complessiva di 579 mila euro. Nella lista si trovano alcuni dei soliti nomi come Fortunato, alti dirigenti dei Lavori pubblici come Pietro Buoncristiano, Alfredo Riondino, Maria Adelaide Zito, Francesco Libonati.
Adesso circolano i nomi dei nuovi collaudatori. Tra cui ancora una volta quelli di Fortunato e di Ciucci.
Incarichi fiduciari che si annunciano numerosi. Dal momento che un decreto del governo (il 76 approvato il 16 luglio scorso sulla «Semplificazione»)prevede l’obbligo di costituire un «Collegio consultivo tecnico» per ogni opera pubblica in corso.
Per il Mose, come anticipato con lettera dal provveditorato al Consorzio, sarebbero necessarie addirittura cinque nuove commissioni. I compensi dovranno essere «in rapporto al valore dell’opera». Dunque una pioggia di consulenze e incarichi. In un momento un cui i problemi del Mose sono tanti. E molti non sono stati risolti. Come la sabbia sui cassoni, le tubazioni e la corrosione alle cerniere, le valvole da sostituire. Senza contare che molte opere già finite (e collaudate) si sono dimostrate non funzionanti.
È il caso della lunata di Lido, la diga foranea crollata in mare pochi giorni dopo il collaudo. Oppure della conca di navigazione di Malamocco, struttura voluta dal Comune di Paolo Costa nel 2003 e danneggiata alla prima mareggiata. Oltre che «troppo piccola» per far passare le navi di ultima generazione. Uno scandalo non ancora finito. —
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