Mose, tris di condanne a San Marino
VENEZIA. Nuova sentenza per lo scandalo Mose. L’ha pronunciata ieri il tribunale di San Marino nei confronti dell’ex amministratore delegato della Mantovani Piergiorgio Baita, dell’ex ad di Adria Infrastrutture Claudia Minutillo e di William Ambrogio Colombelli ex ad della “cartiera” Bmc. I tre sono stati condannati a 2 anni e 6 mesi ciascuno per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale; prosciolti invece dall’accusa di appropriazione indebita per effetto della prescrizione. E per Claudia Minutillo è stato avviato un nuovo procedimento per il reato di riciclaggio, con riferimento a un episodio risalente al 2013. Torna con le tasche vuote Mantovani che si era costituita parte civile chiedendo 11,5 milioni di euro: il giudice (commissario della legge) non ha riconosciuto alcun risarcimento all’azienda leader del Consorzio Venezia Nuova.
Le accuse per le quali gli ex manager erano a processo riguardavano l’evasione fiscale commessa nella Repubblica del Titano e finalizzata a produrre i fondi neri poi usati per pagare le tangenti del Mose. Le violazioni contestate si riferivano alle fatture false emesse dalla cartiera Bmc Broker a favore delle aziende del gruppo Mantovani e di Adria Infrastrutture per un importo di oltre 10 milioni di euro. Fatture che, secondo le contestazioni, venivano saldate dalle aziende venete; successivamente Colombelli prelevava in contanti le somme accreditate e le restituiva – decurtate del suo compenso – a Baita e Minutillo che le utilizzavano quasi interamente come fondi da cui attingere le tangenti del Mose. Per la magistratura sammarinese si è consumata dunque una maxi frode al fisco, messa a punto da un’organizzazione ben oliata in cui ciascuno degli imputati aveva un preciso ruolo: Baita dirigeva l’associazione, Minutillo aveva una funzione di collegamento tra le società venete e quelle del Titano, Colombelli produceva materialmente la documentazione fasulla. Gli imputati veneti non erano presenti in aula - c’era invece Colombelli - e i loro difensori, pur annunciando l’impugnazione della sentenza (le motivazioni entro 30 giorni), non nascondono una certa soddisfazione per la decisione del giudice in materia di risarcimento. «Appelleremo la sentenza di condanna», spiega l’avvocato Alessandro Rampinelli, difensore di Baita, «Innanzitutto per quei reati è già stata patteggiata la pena in Italia e pertanto intendiamo far valere il principio del ne bis in idem». In effetti per la frode fiscale Baita ha patteggiato 1 anno e 10 mesi, Minutillo e Colombelli 1 anno e 4 mesi ciascuno.
Ma ci sono anche altre ragioni che spingono i legali a impugnare la sentenza: «La contestata associazione a delinquere era in territorio italiano, non sammarinese», continua Rampinelli. E l’avvocato Carlo Augenti, difensore di Minutillo: «Ritenevamo non ci fosse neppure giurisdizione a San Marino, visto che i fatti sono iniziati in Italia. Mi meraviglia questa giurisdizione che dimentica la storia della Repubblica, di quando si andava da loro perché avevano una legislazione che permetteva di usufruire di vantaggi fiscali rispetto allo Stato italiano». I legali sottolineano inoltre come il reato sia comunque già prescritto. Infine, sul risarcimento: «Siamo soddisfatti perché il tribunale ha rigettato tutte le richieste di Mantovani», la dichiarazione degli avvocati. Tra San Marino e l’Italia non c’è l’estradizione: in caso di condanna definitiva i tre ex manager potranno evitare il carcere semplicemente non mettendo piede in territorio sammarinese.
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