Niente colonne in Prato della Valle

Per favore, le colonne no! E’ una preghiera sommessa, ma fervida, che sale a chi ha i poteri di decidere sul futuro di Prato della Valle. Sulla sua sorte, verrebbe da dire.
Sulla sorte che toccherà a quello che è uno dei luoghi più incredibilmente belli della nostra città, che pur di bellezze ne ha tante.
Non è certo nostra intenzione discutere qui del cosiddetto «piano Crotti», che l’amministrazione comunale si accinge a realizzare nell’area del Prato della Valle e nelle sue adiacenze. Non ne abbiamo alcun titolo, non abbiamo competenze né di architettura, né di urbanistica, né di sociologia urbana. E ne sappiamo quanto abbiamo letto sui giornali. Sui quali tuttavia abbiamo visto, ricostruito al computer, quanto basta. Quanto basta a farci elevare la preghiera di cui sopra. A lanciare un grido di dolore, forse.
Le colonne no! Per favore! Pare di capire che il cosiddetto «piano Crotti» sia un’importante operazione di riqualificazione di una porzione abbastanza consistente di città, che interessa anche tutta l’area dello stadio Appiani e del velodromo Monti, oltre al Prato. Con un grande parcheggio sotto quella che è ora piazza Rabin. Con abbattimenti di vecchie volumetrie e costruzioni di nuovi edifici.
Ma le colonne no! Quello sono davvero troppo, nel Prato della Valle. E corredate da adeguata ripavimentazione, sembrava anche in un primo momento. Ora pare che da questo pericolo (sia colonne sia pavimentazione) si sia scampati.
Abbiamo già subìto il tram, nel Prato. E’ stata dura, dobbiamo confessarlo a noi stessi. Ma ce l’abbiamo fatta. Abbiamo capito che il tram è un mezzo di trasporto indispensabile per la nostra città. E che era indispensabile passare anche per il Prato della Valle. E va bene.
Ma che senso ha ora toccare un gioiello così prezioso, così compiuto in se stesso nella sua bellezza, con un giro di colonne oltre quello delle statue che adornano, definendone la spazialità, l’isola Memmia? E che mentre ne definiscono il limite la collegano, per la naturale funzione dialettica che strutturalmente riveste ogni limite, con il resto della spazialità circostante, e quindi con la città.
Sono, queste, solo impressioni, sensazioni, di un non addetto ai lavori: ma che vorrebbe poter consegnare alle generazioni che verranno un frammento di bellezza assoluta che dalle generazioni precedenti ha ricevuto. Senza cedere alla tentazione di assecondare fantasie malate di «nuovismo» a tutti i costi, quelle che hanno la smania di metter mano a progetti poco o nulla convincenti che feriscono mortalmente il genius loci. Un genius invisibile, ma presente. Di un locus che non ha eguali. In nessuna parte del mondo.
E la fontana? La fontana nello spazio antistante la basilica di Santa Giustina. E’, in fondo, pur sempre il sagrato di una chiesa. Forse non sarà, canonicamente parlando, un luogo sacro. Ma che bisogno c’è di riempirlo con una fontana?
Lasciamoli riposare in pace, quei nostri lontani antenati. Anche se, certo, non sono stati battezzati. Guardiamoci bene dall’intervenire goffamente su manufatti che esigono solo cura e rispetto, da noi oggi, come da coloro che dopo di noi verranno domani. Giù le mani dal Prato della Valle... verrebbe da dire!
Domanda finale:
perché non preoccuparci un po’ di più di preservare da un mortifero degrado i due giri di statue che abbiamo ereditato, invece di aggiungere un giro di colonne «nuovo di zecca», che altro non farebbe che ferire a morte il Prato?
Considerazione finale:
l’assessore Mariani dice che le colonne sono state già stralciate. Meno male. Ma è meglio tenere la guardia alta. Crotti, o altri, potrebbero riprovarci.
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