Niente folla per Salvini a Treviso: «Avremo l'autonomia»

Stimate 600 persone sotto la Loggia, cartelli di contestazione ma il leader della Lega tira dritto: andremo al governo e porteremo a casa l'autonomia. Lodi a Zaia e Conte

Andrea Passerini

TREVISO. Sorpresa: nessun pienone per Salvini, a Treviso primo feudo leghista d’Italia. Sono in 600, sotto e fuori la Loggia dei Trecento. Nel 2018, al lancio del candidato sindaco Mario Conte, erano 300 in più, in un clima decisamente più entusiasta.

Spuntano anche cartelli di dissenso. Uno è da Oscar dell’ironia. «Mon ami, mona mi che te go creduo e votà» («mona io che ti ho creduto e votato»), un altro chiede conto nel referendum sull’indipendenza veneta, sogno dei secessionisti di un tempo. Cose mai viste, qui. Un altro cartello contesa i Green pass: ma ci sono sezioni No vax, può essere di casada.

Ma ora c’è una Lega squassata fra Roma e i territori, una pancia che non digerisce più la linea nazionale e “sudista” di Salvini, e reclama i congressi da un partito ingessato a suon di commissariamenti. Prime file occupate da adolescenti, anche di seconda generazione, ragazzine con il velo islamico, ragazzi con la t-shirt di Che Guevara che chiedono il selfie a Zaia. Sono i coetanei dei componenti delle baby gang divenute il nuovo allarme dei sindaci in Veneto. Salvini ne ha parlato con Conte, presidente di Anci Veneto: «I danni e le sanzioni di questi delinquenti le devono pagare i genitori, non la collettività», e arriva l’ovazione. Eh, la sicurezza, antico cavallo di battaglia.

Ma ora c’è Fratelli d’Italia che punta la preda, anche in Veneto. E che ci sia il fiato sul collo lo conferma proprio Salvini, partendo dall’autonomia suo mantra in questi giorni di tour a Nordest: «Solo una Lega prima forza a Treviso e in Veneto può garantire l’autonomia», tuona agli astanti. «È giusto che il prossimo governo esaudisca la volontà che questa regione ha espresso cinque anni fa». In un colpo il Capitano avverte l’elettorato, che sente tentato dal deviare verso Giorgia Meloni, o attratto dall’astensionismo. «Non pensate che “tanto il centrodestra” ha vinto e quindi “posso andare al mare o in gita il prossimo 25 settembre”), rilancia.

È una Lega che gioca in difesa, agitata dalla tensione interna, per quanto in piazza ci siano anche i dissidenti, come Toni Da Re e i candidati penalizzati, da Manzato a Colmellere, assenti agli ultimi incontri. E pure il leader storico Gian Paolo Gobbo, abbracciato da Salvini a fine comizio.

E per scaldare i cuori Salvini torna sui temi cari: la revisione del reddito di cittadinanza («i soldi vanno a imprese e lavoratori»), la «famiglia di mamma e papà». «Stravinceremo le elezioni», ripete, «il centrosinistra non toccherà palla, toccherà a noi e non vedo l’ora».

E a chi gli fa notare che gli alleati fanno distinguo sull’autonomia, avverte. «No, è scritto nel patto dell’alleanza, è chiarissimo, è un diritto». Fratelli d’Italia nicchia. «Meloni non può dire “ni”, milioni di veneti hanno votato. Il federalismo farà bene anche al Sud». E ai giornalisti, finito il rito dei selfie (nel 2019 alla festa al Parto delle Fiera la coda durò un’ora e trequarti, ieri mezz’ora) fisserà anche una data: 28 ottobre, anniversario del voto veneto. «Ecco, penso ad un Consiglio dei Ministri convocato quel giorno per varare la legge quadro, che costa zero».

Solo pochi minuti prima il presidente della Regione, Luca Zaia, aveva avvisato il futuro governo: «Dopo cinque anni è legittimo che l’autonomia venga messa al primo posto dell’agenda, non tollereremo altri ritardi o rinvii, saremo un nido di vespe tutti i giorni». Ed Erika Stefani ministra uscente alle disabilità ma prima al dicastero per le Regioni, aveva accusato «le antiquate e assurde logiche Nord-Sud che non fanno il bene di questo paese».

E la Meloni lanciata nei sondaggi, e data in sorpasso persino in Veneto? Salvini è certo: «A Treviso e in Veneto avremo un voto più di tutti gli altri. I sondaggi? L’unico che vale è il 25 settembre». E invita i cronisti a parlare della «vera emergenza nazionale, le bollette».

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La sua ricetta sul tema “scalda” assai l’uditorio: «Vi sembra che le sanzioni che dovevano metter in ginocchio la Russia abbiano funzionato? La Russia si arricchisce, noi siamo più poveri. Vogliamo insistere? Bene, ma visto che le sanzioni ha imposte la Ue, i soldi per pagare le bollette vanno messi dall’Ue o dal governo: famiglie, commercianti, aziende e case di riposo vanno garantiti». E poi i l nucleare pulito, la quota 41 anti-Fornero, la Flat tax. A Carlo Nordio, oggi candidato di FdI, ministro delle Giustizia in pectore, riserva una stilettata: «Giusto riformare la giustizia, ma se vuole reintrodurre l’immunità parlamentare, non serve e non è una priorità, per nessuno». L’ex magistrato era sentito vicino, dalla Lega. Ma ha scelto casa Meloni, e corre a Treviso. 

Il tempo dei bagni di folla in piazza è finito. E non solo per Salvini.

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