No alle pietre d’inciampo ora Schio si ritrova sola il sindaco Orsi criticato anche da Zaia e dalla Lega

LO SCONTRO
Si difende ricordando «le tante iniziative contro l'odio razziale» il sindaco di Schio, Valter Orsi, investito dalle polemiche dopo il “no” del consiglio comunale a una mozione presentata dal Pd per il posizionamento di pietre d'inciampo dove risiedevano i deportati della città morti nei lager. «Abbiamo preferito portare avanti un piano di recupero storico-culturale - puntualizza il sindaco del Comune, retto da una civica di centrodestra - piuttosto che andare ad installare le famose mattonelle, che peraltro sono un'iniziativa diffusa dappertutto».
Ad amareggiarlo, confessa, sono soprattutto le parole venute ieri da Luca Zaia. «È imbarazzante anche solo sapere che si debba andare a un voto per decidere se mettere o no il ricordo di un deportato o di una vittima della Shoah - rileva il presidente del Veneto - e trovo assolutamente ingiustificata la posizione assunta a Schio». A preoccupare il governatore «è il negazionismo strisciante che corre in rete e non solo, con qualche idiota che si ostina a negare l'Olocausto, che è da condannare senza indugi». Anche la Lega, che nell'assemblea consiliare di Schio aveva scelto di astenersi dal voto sulla proposta dei Democratici, si smarca ora dalla posizione assunta dal primo cittadino. «Quando la politica è portata a fare certe scelte dovrebbe calarsi nella reale sofferenza che milioni di persone hanno provato - sottolinea Matteo Celebron, commissario vicentino del Carroccio -. Negare il posizionamento delle pietre d'inciampo significa voler nascondere un periodo buio del '900».
La scelta di Schio indigna, per primo, il presidente della Comunità ebraica di Venezia Paolo Gnignati. «Siamo quanto mai consapevoli dell'importanza di una memoria condivisa - sottolinea - e faremo sempre di tutto per raggiungere questo obiettivo». Nel ringraziare Zaia e «tutti quei cittadini che in queste ore stanno dimostrando il loro sgomento e la loro incredulità di fronte alle notizie che ci giungono da Schio», afferma di essere «profondamente offeso» da una decisione «che suscita disagio e apprensione».
Più di qualcuno ricorda oggi che l'Eccidio di Schio, usato come “contrappeso” simbolico alla posa delle “pietre d'inciampo” da parte di forze politiche di destra, in realtà ha già visto, a distanza di oltre 70 anni un atto di pace e di riconciliazione sancito due anni fa nella sede della Curia di Vicenza. Valentino Bortoloso, 94 anni, partigiano detto Teppa, uno degli esecutori materiali dell'eccidio, avvenuto nelle carceri di Schio il 7 luglio 1945, e Anna Vescovi, figlia dell'ex Podestà Giulio, uno dei morti, firmarono il 3 febbraio 2017 una dichiarazione comune, garante il vescovo della diocesi berica, mons. Beniamino Pizziol. E ieri il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Federico Cafiero De Raho in visita alla Comunità ebraica di Roma, accolto dalla Presidente Ruth Dureghello e dal rabbino Riccardo Di Segni, ha ribadito l'impegno delle procure italiane contro l'odio razziale, il suprematismo e l'antisemitismo. —
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