«Non difenderti, attacca»: dal Veneto un manuale per spin doctor e comunicatori

L’autore è il padovano Carlo Melina, capo segreteria del sottosegretario Ostellari

Enrico Ferro
Carlo Melina, capo segreteria del sottosegretario Andrea Ostellari
Carlo Melina, capo segreteria del sottosegretario Andrea Ostellari

Si intitola “Non difenderti, attacca. 50 regole di comunicazione politica per spin doctor e addetti stampa” (edito da Giubilei Regnani) ed è il manuale pratico scritto da uno che queste regole ha avuto modo di testarle sul campo. Carlo Melina, consigliere per la stampa e la comunicazione, oggi è capo della segreteria del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari. In passato ha seguito anche altri leghisti, come Alberto Stefani e Massimo Bitonci.

Ci sono molti manuali di comunicazione politica. Cos’ha il suo di diverso?

“Non è un manuale, ma un prontuario per aspiranti comunicatori e candidati. Propone cinquanta regole intuitive e di facile applicazione per difendere la reputazione di un politico, trattare con i giornalisti e svolgere il mestiere di consigliere e addetto stampa con dignità e consapevolezza".

E’ ancora così importante il ruolo della stampa in politica o contano più i social network e altre forme di comunicazione ibrida?

"La comunicazione politica è sempre più disintermediata, ma la costruzione delle notizie e il dibattito sulle idee passano attraverso la stampa e i suoi guardiani, che sono i giornalisti. Bisogna sfatare un equivoco".

Quale?

“Non è calata la sete di notizie da parte del pubblico. E’ calata la propensione alla spesa: la gente non vuole più pagare per ricevere notizie. La sfida dei giornali è inventare nuovi modelli di business, non rinunciare alla propria funzione fondamentale".

C’è chi dice che i giornali ormai li leggano solo i giornalisti e i politici.

“Fosse anche così, le pare poco? E’ vero che gli italiani preferiscono web, radio e tv come strumenti per ricevere informazioni. Ma è altrettanto vero che le trasmissioni radio più seguite sono in gran parte le rassegna stampa, che nelle redazioni dei tg ogni giorno si sceglie di cosa parlare dopo aver letto i giornali e che sui social si condividono notizie prese dai siti di news, o direttamente dalle edizioni digitali dei giornali, perché sembrano più vere".

Cosa è importante per vincere una campagna elettorale?

"La campagna elettorale è una lotta simile a quella che va in scena nel romanzo di Chris Bachelder, “Orso contro Squalo”. Chi vince fra i due? Dipende da dove si tiene la sfida. In mare vince lo squalo, in montagna l’orso. Una buona strategia di comunicazione costringe lo squalo ad uscire dall’acqua o l’orso a prendere il largo. Coltivare e infine imporre la propria agenda è fondamentale quanto elaborare messaggi efficaci".

Ad esempio?

Semplificando, se la gente teme per la propria sicurezza, un candidato di centrodestra avrà gioco facile. Viceversa sarà favorito un candidato di centrosinistra in un contesto in cui la percezione diffusa è che siano violati i cosiddetti “diritti civili”.

“Non difenderti, attacca” è un titolo forte. Cosa significa in concreto?

“Gli attacchi in politica sono tentativi di trascinare lo squalo fuori dal mare. Difendersi significa scegliere di combattere sul campo di battaglia dell’avversario. Andreotti, a ragione, diceva che una smentita è una notizia data due volte. In caso di attacco, invece che difendersi nel merito, è più utile contrattaccare, spostando l’attenzione su altro".

Dei leader di cui parla nel testo quali considera i comunicatori più abili?

"Il più innovativo è stato Ronald Reagan. I videomessaggi dei politici che guardiamo in tv e suoi social network non sono altro che una riedizione dei suoi “Presidential Address”. Come pure l’idea di lanciare messaggi ambientandoli in luoghi specifici, oppure utilizzando oggetti dal forte potere simbolico: la motosega di Milei non è altro che una versione moderna della sega che impugnava Reagan con sopra scritto “budget cutter”. Inoltre i suoi one liners, brevi frasi ad effetto preparate per le conferenze stampa, non sono altro che marchi linguistici, usati oggi dai migliori comunicatori, che poi li ripetono allo sfinimento. “Fidati ma verifica” è uno di questi. Reagan lo pronunciò più volte, durante le trattative sul disarmo nucleare con il presentente Gorbaciov".

Ripetere i messaggi è una tecnica?

“Gli elettori sono distratti da un flusso continuo di messaggi. Perché un concetto si fissi nella loro memoria è necessario ripeterlo. Parlare di tante cose o lanciare sempre nuovi temi è un errore: si confonde il pubblico, invece di confermare il proprio posizionamento”.

Quali sono gli errori più comuni dei politici alla prova con la comunicazione?

"Ci sono gli errori di metodo e di strategia. I primi vengono commessi soprattutto dai candidati esordienti: quando si rivolgono all’elettorato modificano se stessi e il loro linguaggio, come se fossero di fronte ad un collegio di esaminatori. In realtà gli elettori apprezzano la spontaneità e un lessico più prossimo a quello della vita vera. Invece di concentrarsi sull’obiettivo, comunicare un messaggio ed entrare in empatia con il pubblico, sono concentrati su se stessi".

E poi?

"Poi ci sono degli errori di strategia, che sono persino più gravi. La sinistra, ad esempio, definisce apertamente se stessa come lo schieramento che vuole rappresentare “la parte migliore del Paese”, secondo un meccanismo che ha descritto Luca Ricolfi. In questo modo, tuttavia, non fa altro che accrescere l’autostima di una cerchia ristretta di elettorato, suscitando il fastidio di tutti gli altri cittadini”.

E la destra?

"La destra in Italia comunica meglio. Si dice che parli alla pancia degli elettori, in realtà parla al cuore. Raccoglie le loro preoccupazioni, le interpreta, esaspera i conflitti e ne trae vantaggio in termini di consenso. Peccato che talvolta problemi complessi, che possono essere descritti attraverso soluzioni espressive piuttosto semplici, sono in realtà difficili da risolvere. E questo diventa più complicato spiegarlo. L’esito è che molti leader finiscono, loro malgrado, protagonisti della cosiddetta “cerimonia cannibale”.

Ossia?

“Un’inesorabile perdita di credibilità e quindi di consenso. Per mantenere l’attenzione su di sé sono costretti a sovraesporsi, puntando su tratti personalistici, promettendo l’impossibile, esponendo la propria vita privata. Ma ciò che all’inizio solletica l’interesse del pubblico, molto rapidamente lo stanca”. 

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