Nuove Brigate Rosse, tredici condanne e un'assoluzione

Le accuse per gli imputati, arrestati nel 2007, sono di associazione sovversiva con finalità terroristiche, banda armata e detenzione di armi.  Dopo la lettura della sentenza, in aula è echeggiato lo slogan "Ichino sei un assassino", gridato da parenti e amici degli imputati. Dalle gabbie i detenuti hanno mostrato i pugni chiusi
Si è concluso con 13 condanne e un'assoluzione il processo d'appello al Partito comunista politico-militare, nuova frangia delle vecchie Brigate Rosse composta in prevalenza da militanti e simpatizzanti del centro popolare Gramigna.


In particolare i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano hanno inflitto 13 anni e sette mesi al capo della cellula padovana Davide Bortolato, ex operaio alla Fin.Al di Vigonza e delegato della Fiom-Cgil, che in primo grado aveva ricevuto una condanna a 15 anni; 10 anni e otto mesi a Massimiliano Toschi, ex operaio alla Parpas di Cadoneghe (in primo grado 10 anni e 11 mesi); Amarilli Caprio e Alfredo Mazzamauro hanno svolto attività di proselitismo a Milano: 3 anni e sei mesi comminati alla prima (pena confermata), 3 anni e otto mesi (due mesi in più) al secondo; condanna di primo grado confermata anche per l'infermiere Davide Rotondi (3 anni e sei mesi) e per Andrea Scantamburlo, anch'egli in passato operaio alla Fin.Al; dieci giorni d'arresto invariati per Giampietro Simonetto di Cittadella, reo di aver detenuto cinquanta cartucce non denunciate; assolto, invece, perché il fatto non costituisce reato, il padovano Federico Salotto che nel processo di primo grado era stato condannato a 3 anni e otto mesi. Ancora: Claudio Latino dovrà scontare 14 anni e sette mesi, Vincenzo Sisi 13 anni e cinque mesi, Alfredo Davanzo 11 anni e quattro mesi, Bruno Ghirardi a 10 anni e dieci mesi.


Le accuse a vario titolo per gli imputati, arrestati nel 2007 con l'operazione «Tramonto» della Dda di Milano, sono di associazione sovversiva con finalità terroristiche, banda armata e detenzione di armi. Secondo le imputazioni, il gruppo che si rifaceva alla «Seconda posizione» delle Br aveva in programma attentati contro diversi obiettivi, tra cui il giuslavorista e senatore del Pd, Pietro Ichino; a quest'ultimo è stato confermato il risarcimento di 100 mila euro stabilito in primo grado, così come il risarcimento di un milione di euro a favore della Presidenza del Consiglio, che si è costituita parte civile.

Dopo la lettura della sentenza, in aula è echeggiato lo slogan «Ichino sei un assassino», gridato da parenti e amici degli imputati. Dalle gabbie i detenuti hanno mostrato i pugni chiusi intonando «Viva la lotta di classe per la rivoluzione».

«Queste sono sentenze di un processo che fa parte di una battaglia politica e la Corte ha dimostrato di essere dalla parte del potere», ha commentato l'avvocato difensore Giuseppe Pelazza, già polemico nei confronti dell'inchiesta del pm milanese Ilda Boccassini, «la Corte d'appello, come era già successo in primo grado, con questa decisione si pone dalla parte del potere e contro chi lo contesta». In questo processo, ha concluso il penalista, «si danno 14 anni e 7 mesi a chi non ha attentato alla vita di nessuno».

«Gli slogan urlati oggi contro Pietro Ichino, cui va tutta la mia solidarietà, sono un episodio gravissimo. E come tale esso non deve essere in nessun modo sottovalutato», commenta invece Andrea Orlando, presidente del forum Giustizia del Partito democratico «esse stanno infatti a significare che Ichino, già in passato dichiarato "nemico" dalle Nuove Brigate Rosse, continua a subire le minacce da certo estremismo filo-terrorista. Ci appelliamo per questo alle forze dell'ordine e alla magistratura perchè non abbassino mai la guardia nel proteggere il professor Ichino».

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