Operazione contro la 'ndrangheta, Cherchi: "Il Veneto è diventato omertoso"

Duro atto d'accusa del procuratore capo della Dda di Venezia che denuncia la scarsa collaborazione degli imprenditori: alcuni di loro sono stati anche oggetto di perquisizioni

VENEZIA. Una ordinanza di custodia cautelare in carcere, quattro indagati, tra cui un notaio padovano, sono il bilancio di un'operazione su usura ed estorsione ai danni di imprenditori veneti dei carabinieri di Padova e dalla guardia di Finanza di Mirano (Venezia).

Imprenditori vittime omertose. Vittime soprattutto piccoli imprenditori, quelle delle cosiddette partite Iva. Quando l' imprenditore non riusciva ad onorare i debiti, scattavano le estorsioni e le minacce. Secondo quanto è emerso dall'inchiesta, ci sarebbe stata una scarsa collaborazione degli imprenditori e, per questo, alcuni di loro sono stati anche oggetto di perquisizioni, per acquisire materiale probatorio che non era stato fornito quando erano stati sentiti, da parte degli investigatori che hanno operato tra le province di Venezia, Treviso, Vicenza, Padova e Rovigo.

Fenomeno preoccupante. «Questo elemento - ha aggiunto Cherchi - è di forte preoccupazione perché c'è la necessità di una partecipazione di chi subisce, invece dobbiamo purtroppo riscontrare che almeno in questo caso non c'è stata. Senza la collaborazione delle parti offese- ha osservato - diventa difficile individuare e acquisire prove nei confronti di soggetti di grande pericolosità criminale».

Per Cherchi «il mondo imprenditoriale deve fare una riflessione e stimolare gli imprenditori ad avere fiducia nell'attività delle forze di polizia».

L'arresto. La persona arrestata, che era i domiciliari perchè coinvolto in una precedente analoga operazione e legato alla cosca di Grande Aracri di Cutro, avrebbe fatto recuperi forzosi di credito agendo con violenza, minaccia e intimidazione nel corso della scorsa operazione.
 
La figura del notaio. Il notaio, accusato di concorso in estorsione, avrebbe contribuito con un'attività di supporto nella gestione di una sorta di finta compravendita; avrebbe dato inoltre supporto tecnico e fattuale dell'attività degli indagati.
 
«C'erano già stati degli arresti, e c'era una posizione che non era totalmente significativa in termini di pericolosità - ha detto il procuratore antimafia di Venezia, Bruno Cherchi -. Per cui era stato messo ai domiciliari.
 
L'indagine è però proseguita». Il modus operandi è sempre stato lo stesso: all' inizio c'era un contatto personale e la disponibilità a partecipare all'impresa, imponendo tassi usurai. 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova