Padre Rock, l’assegno di mantenimentoal centro della battaglia legale
Avviata la disputa in tribunale tra Pimpy e don Paolo Spoladore, che la donna indica come padre di suo figlio: potrebbe essere una causa milionaria. Il giudice deciderà quali sono gli introiti di cui tenere conto. L'opinione del sottosegretario Elisabetta Alberti Casellati, noto avvocato matrimonialista

Don Paolo Spoladore
PADOVA. Dietro la battaglia legale avviata da Pimpy c’è anche una motivazione di tipo economico, per assicurare un futuro radioso al bimbo di sette anni e mezzo, che lei sostiene essere figlio di don Paolo Spoladore.
Le prossime tappe giudiziarie serviranno innanzitutto a stabilire se si tratta o meno del figlio del prete-artista, poi a quantificare la cifra di denaro che dovrà essere corrisposta come mantenimento. Ma la situazione è complessa, perché don Paolo Spoladore non è un prete come tanti. Organizza corsi e concerti, pubblica libri e dischi. Il «valore della produzione» della Usiogope Srl è stimato in oltre 700 mila euro. Quindi, a questo punto, con l’avvocato Maria Pia Rizzo che tutela la donna abbandonata e un navigato civilista che assiste il parroco, la domanda è: quanto denaro sarà riconosciuto al bimbo? Abbiamo chiesto l’opinione ad un noto avvocato matrimonialista: Elisabetta Alberti Casellati, che è anche sottosegretario alla Giustizia.
«Il riconoscimento di paternità viene stabilito sulla base delle testimonianze e dell’esame del dna - sottolinea - oggi come oggi se uno è padre, viene individuato. Nel momento in cui il tribunale lo stabilisce, al figlio spettano tutti i diritti che ha nei confronti di un genitore, quindi anche un adeguato mantenimento fino a quando non sarà autosufficiente». E nel caso di Donpa, quale reddito farà testo? Quello del prete o quello dell’artista? «Faranno fede tutti i redditi denunciati. Sono quelli che compongono la base per un assegno di mantenimento.
La capacità economica è determinata da tutte le attività svolte e dal patrimonio a disposizione. Poi si dovrà verificare la capacità economica della mamma. Ma in generale non c’è un criterio solo aritmetico: è a discrezione del giudice. Nel momento in cui verrà stabilita la cifra mensile da corrispondere, non bisogna dimenticare gli arretrati, dal momento della nascita».
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