Padre Rock, Pimpy porta in Tribunaletest del Dna, testimonianze e Sms
La padovana che indica don Paolo Spoladore come il padre di suo figlio si rivolge ai giudici per i minorenni. Allegata alla richiesta di riconoscimento della paternità anche una foto del bambino, che ha circa otto anni

don Paolo Spoladore in libreria
PADOVA. La vicenda del presunto rapporto tra don Paolo Spoladore e la sua ex adepta Pimpy, con la nascita di un bambino che ora ha circa otto anni, sta diventando davvero «bollente». Oggi l’avvocatessa della signora, Maria Pia Rizzo, depositerà in Tribunale per i minori, a Mestre, l’azione di riconoscimento della paternità attribuita al sacerdote, che all’epoca era parroco della parrocchia di San Lazzaro, quando alla sua messa cantata (e musicata) di ogni domenica arrivavano diverse centinaia di fedeli.
C’è un’altra importante novità. Inattesa. Sorprendente. Questo pomeriggio la quarantanovenne «Pimpy» avrebbe dovuto tenere una conferenza stampa nello studio della sua legale, perché la «si vedesse in faccia» dopo settimane d’anonimato, per dimostrare che «non racconta balle» e per assumersi tutta la responsabilità di quanto finora sostenuto su questa delicata vicenda. Ma ieri sera l’improvviso annullamento. Un cambiamento di rotta presumibilmente dovuto a una precisa strategia, che lascia presumere trattative dietro le quinte, discrete e autorevoli quanto basta per assecondarle.
Questa la documentazione che Pimpy produrrà stamane in Tribunale. Anzitutto il test del Dna clinico, che accerterebbe la paternità don Spoladore. Il quale si sarebbe presentato dai sanitari sotto falso nome, ma con l’anno di nascita (1960) effettivamente corrispondente al suo. Avrebbe accettato di sottoporsi alla comparazione genetica poiché i medici sostenevano che il bimbo poteva risultare affetto da una patologia di tipo ereditario. Di qui la necessità di un accertamento risolutore. Quel test, però, non ha valore di prova regina, bensì di indizio, non essendo stato effettuato secondo modalità di legge. Adesso bisognerà vedere se «Donpa» accetterà di ripetere quel test oppure no. In ogni caso si giocherà a carte scoperte, dove ciascuno dei protagonisti si assumerà le proprie responsabilità.
Un secondo elemento non secondario riguarda il battesimo che don Paolo somministrò al neonato in ospedale, quando era ancora in incubatrice. Nell’azione di riconoscimento di paternità sono pure allegate svariate ricevute di pagamento fatte da «Donpa» al Pimpy per il mantenimento del presunto figlio e le foto del bambino, che dimostrerebbero la sua somiglianza con il padre naturale. A corredo di tali argomentazioni ci sarebbero le testimonianze di alcune persone in grado di raccontare quando il sacerdote conobbe Pimpy, quale tipo di rapporto intercorreva tra loro ed una serie di circostanze destinate a chiarire questa ed altre situazioni particolari che si erano venute a creare tra gli adepti.
Non dovrebbero mancare i colpi a sorpresa. Come gli Sms spediti nel tempo da «Donpa» a Pimpy, a riprova di un interessamento non propriamente evangelico e comunque inusuale per un sacerdote con le sue «anime». Sul contenuto dei messaggini forse se ne saprà di più a deposito avvenuto.
Ma anche dalla Curia di Padova potrebbero arrivare sorprese. Stamane Pimpy dovrebbe incontrare il vescovo Antonio Mattiazzo. Sempre che non venga annullato anche questo appuntamento
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