Padre Rock, sui corsi di formazione indagine dell’Ordine dei medici
C'è un terzo fronte nel caso che vede al centro don Paolo Spoladore, indicato da una donna come padre di un bambino di sette anni. L’Ordine dei medici di Padova ha deciso di aprire un’istruttoria formale sulle lezioni tenute dal sacerdote a Santa Maria di Sala. Si vuole valutare se vi siano implicazioni medico-professionali non conformi alla prassi deontologica visto che vi partecipa anche un medico

Don Paolo Spoladore
PADOVA. Si è aperto un terzo fronte nella telenovela esistenzial-religiosa di don Paolo Spoladore, sacerdote-rock, scrittore e guaritore d’anime. L’Ordine dei medici di Padova ha deciso di aprire un’istruttoria formale sui corsi di formazione da lui tenuti a Santa Maria di Sala. Si vuole valutare se vi sono implicazioni medico-professionali non conformi alla prassi deontologica, in considerazione del fatto che a quelle lezioni partecipa anche il dottor Raffaele Migliorini, peraltro non iscritto all’Albo padovano.
«Esamineremo gli episodi sospetti raccontati da alcuni ex seguaci di don Spoladore ed apparsi sui quotidiani locali, ne verificheremo la fondatezza e, se il caso, faremo ulteriori approfondimenti e verifiche. Una raccolta documentale sui fatti scrupolosa, a tutela della professione medica» puntualizza il presidente dell’Ordine Maurizio Benato. Questa istruttoria segue le altre due clamorose iniziative nei confronti di «Don Rock». Su di lui sta infatti indagando la curia vescovile che ha aperto un’«indagine previa», ossia esplorativa, come del resto prevede il codice di diritto canonico.
Verrà valutato il profilo pastorale di don Paolo sotto diversi aspetti, cominciando ovviamente dalla presunta paternità riferita al suo legame non proprio spirituale con «Pimpy», un’ex adepta ora madre di un bimbo di 7 anni e mezzo. Alcuni mesi fa il sacerdote si era sottoposto, sotto falso nome, al test del Dna sollecitato dagli stessi medici per escludere o confermare una malattia ereditaria del bambino. Di qui la necessità di sottoporre il genitore naturale alle dovute comparazioni genetiche. Finora «Don Rock» ha negato (anche al vescovo Antonio Mattiazzo) tale paternità, forte anche del fatto che quel test del Dna non ha alcun valore legale, essendosi svolto senza le modalità di legge. Tuttavia esiste agli atti un elemento indiziario.
Anche se il nome del papà fornito ai sanitari risulta diverso, la data di nascita corrisponderebbe a quella di don Paolo Spoladore. Ma le valutazioni della curia non si fermano alla reale o falsa paternità del «Donpa». Si sta cercando di capire il tipo di «messaggio» da lui trasmesso agli adepti nelle varie fasi di aggregazione e quanto di evangelico sussista nel convincerli a non farsi vaccinare, a rifiutare le medicine sostituendole con la preghiera serale del perdono, compresa la chemioterapia nei casi di tumore, a partorire in casa anziché in ospedale, a tagliare i ponti («il cordone ombelicale mai interrotto») coi genitori al punto da impedire ai nonni di vedere perfino i nipotini. A ciò si aggiunge, naturalmente, la voce di «Pimpy» che chiama don Paolo alle responsabilità di padre.
Davanti a quel suo reiterato diniego, intervallato da lunghi silenzi, la mamma del bimbo avrebbe già raccolto fior di testimonianze sui suoi rapporti intimi con il sacerdote e su altre circostanze da far valere in sede giudiziaria, quando chiederà il riconoscimento della paternità. Questione di giorni. Ma anche la curia non rimane ferma a guardare. Qualcosa dovrebbe succedere. Il problema di «Don Rock» non consiste nel predicare concetti blasfemi o inammissibili, quanto di estremizzarli come verità assolute da contrapporre ad «una montagna di bugie», come scrive nel suo libro «Verità libera». A smentirlo è il grande romanziere francese Balzac: «Anche i sentimenti nobili, spinti all’assoluto, producono risultati simili a quelli dei grandi vizi».
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