Pal Zileri, addio alla produzione a casa 250 lavoratori su 400

Quinto Vicentino: svolta choc del gruppo Forall, in mano ai reali del Qatar esternalizzata la confezione di abiti da uomo cercando di salvare il marchio
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Dopo Brioni, Corneliani, la Brooks Brothers di Claudio Del Vecchio (figlio del patron di Luxottica Leonardo), Canali e Boglioni la crisi ha tirato giù anche Pal Zileri. Il marchio di proprietà di Forall, società vicentina di confezioni di abiti maschili di proprietà di Mayhoola group, la compagnia di investimenti riconducibile ai reali del Qatar nota per aver acquisito Valentino, durante una riunione sindacale ha dato ieri notizia di voler chiudere l'unità produttiva in provincia di Vicenza lasciando a casa centinaia di persone. Si tratterebbe di circa 250 dipendenti, tutti relativi all’area produttiva situata a Quinto Vicentino.

L’azienda già in crisi da diversi anni è stata fortemente penalizzata, come molti altri brand del lusso, dal coronavirus. In questi anni, affermano fonti qualificati, gli azionisti hanno continuato a investire decine di milioni ogni anno per ripianare le perdite, che sono arrivate al livello di non ritorno in questi mesi di pandemia. In cui l’azienda era arrivata a perdere quanto il fatturato. Una situazione insostenibile per l’azionista, che dopo aver investito circa 150 milioni in questi sei anni, oltre al capitale impiegato per l’acquisizione, ha dovuto scegliere se salvare almeno il marchio, con la possibilità di garantire 12 mesi di Cig ai dipendenti, o rischiare epiloghi ancor più tragici. La forza lavoro complessiva, infatti, impiegata dalla società nel marchio Pal Zileria è di circa 400 persone.

L’azienda ieri ha informato le Rsu interne della situazione e della necessità di «interventi urgenti e non più differibili».

«La pandemia Covid-19 - spiega in una nota l’azienda - ha aggravato pesantemente la peggior crisi che abbia mai colpito il settore dell’abbigliamento formale maschile di alta gamma». Di fronte a una domanda che, secondo le stime, potrebbe ridursi globalmente di un ulteriore 45%, nello stabilimento di Quinto Vicentino si registra ormai un eccesso di capacità produttiva di quasi due terzi e anche la struttura amministrativa non è più sostenibile sotto il profilo dimensionale». Così, spiega ancora l'azienda, «dopo aver vagliato tutte le possibili alternative con il supporto di primari advisor l’unica soluzione possibile per assicurare un adeguato periodo di tutela ai lavoratori e, nel contempo, garantire un futuro a una parte dell’azienda, è l’adozione della cosiddetta procedura di “cessazione attività” per il ramo produttivo».

I sindacati hanno mal digerito le prospettive delineate dall’azienda: «Una scelta grave che le organizzazioni sindacali non possono condividere» e che «hanno appreso con sgomento» e «proclamando lo stato di agitazione con uno sciopero immediato» recita la nota. Da quel che filtra, nell’eventualità in cui si riuscisse a salvare il marchio, la produzione, a questo punto, sarebbe esternalizzata ma resterebbe comunque made in Italy. —



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