Parlare alla rovescia, ecco come nasce il talento misterioso

PADOVA. Si spendono tante parole per dire che ognuno ha la propria visione delle cose. Ma c’è una visione che affascina: andrebbe spiegata nella sua lingua madre, lontana anni luce dall’inglese, dal tedesco, dall’esperanto. È la visione di chi parla l’italiano allo specchio, il linguaggio di chi considera indifferente parlare al “dritto” o al “rovescio” e troverebbe naturale chiedere al vicino: “?eneb ottut, onroignouB”. Il vicino non capirebbe.
Una lingua del genere prenderebbe piede in un villaggio abitato solo da chi parla al contrario. Potrebbe diventare una città, una provincia, uno Stato. L’abilità innata di parlare al rovescio appartiene a un numero tuttora indefinito di persone ignorate dalla psicologia, dalla neurologia, o da quanto di scientifico possa dare spiegazione a una capacità, che alcuni chiamano “dote”, considerata rara. Del gruppo fa parte ad esempio il dj Albertino. Ma di persone così ce ne sono in tutto il mondo e la loro biografia parte da un’illuminazione infantile: di punto in bianco, un bambino inizia a rovesciare le parole a tutta velocità. Poi arrivano i genitori che, orgogliosi, fantasticano sulla sua partecipazione a qualche trasmissione tv. O, spaventati, si informano su cosa sia effettivamente un esorcismo.
Dall’adolescenza all’età adulta è facile passare per fenomeni da baraccone ma, perfezionando il proprio savoir- faire, l’abilità può diventare un talento chic. Non c’è nulla di fenomenale o diabolico, in realtà, in chi pratica senza sforzo il “mirror speaking”, il cosiddetto linguaggio a specchio, e non c’è nemmeno nulla di geniale. Al momento, non serve a niente se non a divertire chi ascolta. Uno dei pochi medici, l’unico in Italia, a essersi interessato di questa rara capacità è lo psicologo e neurologo di Reggio Emilia Renato Cocchi, che la attribuisce a un’alterazione dell’emisfero destro: «Tutti percepiamo le parole al rovescio, perché ogni segnale che arriva al nostro cervello produce due immagini: una normale e una al contrario» spiega. «La maggior parte delle persone ha la dominanza emisferica a sinistra per il linguaggio: se io dico “Roma”, il cervello di sinistra registra regolarmente “Roma”, ma quello di destra riceve contemporaneamente “Amor”».
La differenza fra chi parla al contrario e chi no sta nella capacità d’espressione dell’emisfero destro: «È la parte del cervello deputata a sopprimere la percezione del contrario» continua Cocchi «sia esso di una parola orale, scritta o di un sentimento, ma in queste persone il meccanismo soppressivo svanisce». Chi rovescia parole e frasi, dunque, libera un tipo di espressione dell’emisfero destro che, nella maggioranza delle persone, rimane sopita. Il dottor Cocchi studia da tempo questa alterazione del cervello, dovuta a fattori di varia natura, e negli anni Ottanta ha ottenuto la prima conferma alle sue teorie. Nell’Istituto neurologico Mondino di Pavia, dove esercitava la professione, avviò i primi test sul giovane mirror speaker Paolo Viale Marchino, che aveva iniziato a parlare al contrario dopo un’operazione al cervello. «Marchino, all’età di nove anni, era stato operato all’emisfero destro, affetto da un tumore benigno» racconta Cocchi. «Dopo l’operazione iniziò a rovesciare spontaneamente le parole e a capire più difficilmente la matematica, materia in cui eccelleva prima dell’intervento». Il neurologo studiò il suo caso: ne nacque un saggio che fu pubblicato da una rivista scientifica belga ma, in oltre trent’anni, questi studi non hanno avuto grande seguito.
«L’emisfero destro è la sede della creatività, dell’irrazionalità, delle abilità artistiche, ma è probabile che chi parla al contrario abbia anche una buona predisposizione per la matematica in senso astratto» aggiunge Cocchi. «Nulla che fare con conti e operazioni, che fanno capo all’emisfero sinistro, ma con la capacità di schematizzare e avere visione di insieme». L’emisfero destro è anche la sede dell’intuito ed è difficile dire stabilire se i mirror speakers leggano velocemente le parole al rovescio o le percepiscano per intuizione: «Probabilmente si verificano entrambe le cose» dice Cocchi.
Dalla sua esperienza di neurologo e psicologo emerge che chi parla rovescio tende a essere indeciso: «Non essendoci, in questi soggetti, un emisfero dominante sull’altro, ogni decisione presuppone, in egual misura, la valutazione del suo contrario» chiude. «Nulla di allarmante per chi si limita a girare le parole. Il problema può arrivare quando si passa ai sentimenti, che pur essendo positivi si esprimono al negativo. In questo caso, lo studio del mirror speaking può essere di aiuto nella cura di alcuni tipi di depressione o di altre patologie neurologiche».
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