Pasti negli ospedali il monopolio di Putin e l’appalto su misura
Serenissima Ristorazione vince ancora, nel bando di gara una clausola: il divieto di usare le cucine dei nosocomi

SBRISSA - INAUGURAZIONE SERENISSIMA. MARIO PUTIN SBRISSA - INAUGURAZIONE SERENISSIMA
PADOVA. Quattro anni dopo lo scandalo Mose e otto anni dopo che Giancarlo Galan non è più presidente del Veneto, uno dei suoi grandi elettori non solo non ha perso la posizione dominante ma l’ha fatta diventare esclusiva. Il vicentino Mario Putin ha raggiunto il monopolio della ristorazione nella sanità veneta. Il suo motto è «lavoriamo sempre perché la gente non smette mai di mangiare». Si mangia anche negli ospedali, magari poco, o con poco appetito, ma lui con la sua società non perde una fornitura.
Nel 2010, quando alla presidenza del Veneto è arrivato Luca Zaia, la Serenissima Ristorazione spa di Mario Putin vinceva due appalti regionali su tre e deteneva il 61% della quota nella sanità veneta, pari a 31,7 milioni di fatturato annuo. Tanto che nel giugno di quell’anno l’amministratore delegato di Dussmann Italia, l’ingegner Pietro Auletta, uno dei concorrenti di Putin, chiedeva a Luca Zaia di intervenire perché «in nessun’altra regione italiana si sono consolidate posizioni tanto rilevanti in capo a operatori economici della ristorazione ospedaliera».
Oggi Mario Putin è arrivato a controllare il 95% delle forniture negli ospedali veneti. Ha sbaragliato i concorrenti aggiudicandosi anche l’ultima gara regionale, di nuovo contro la Dussmann. Gara assegnata il 28 dicembre scorso, frazionata in 6 contratti distinti che dureranno 7 anni e valgono complessivamente 303 milioni di euro.
Tutto regolare, ovvio. Ci mancherebbe che la Regione fabbricasse carte false. Ma è noto che in sanità, come insegna la Lombardia di Roberto Formigoni e del suo amico Pierangelo Daccò, i capitolati d’appalto possono diventare “vestitini confezionati su misura” per un vincitore designato. Il precedente urterà, ma lo evochiamo solo nel tentativo di escluderlo. Anche se non sarà facile, perché combinazioni analoghe non sono mancate in passato nel Veneto.
La stazione appaltante dei 303 milioni di euro è la cosiddetta “Azienda zero” istituita con legge regionale il 25 ottobre 2016 (“pagina ancora in costruzione” si legge nel portale della sanità!). Significa direttamente il servizio sanitario regionale, dunque Palazzo Balbi. Responsabile tecnico della gara era Nicola De Conti, avvocato, dirigente regionale del centro acquisti, che dal 1° gennaio 2018 risulta trasferito ad altro incarico. Vai a sapere perché. Come dirigente avrà avuto un’autonomia operativa, ma è certo si muoveva all’interno di binari strettamente indicati dal direttore generale Domenico Mantoan, dall’assessore Luca Coletto e dal presidente Luca Zaia, persone alle quali faceva costante riferimento.
Nel capitolato della gara troviamo inserita una clausola che ha fatto la differenza: il divieto per le ditte partecipanti di usare le cucine degli ospedali per confezionare i pasti. La cosa si è tradotta in un vantaggio decisivo per Serenissima Ristorazione, l’unica a disporre di un megacentro di cottura proprio a Boara Pisani, peraltro pagato dalla Regione Veneto.
Qui bisogna fare un salto indietro, al 2009, quando Serenissima Ristorazione si assicura la fornitura dei pasti negli ospedali di Padova per 13.908.000 euro l’anno (rinnovo dell’appalto) contro i 10.847.000 che l’Usl 16 era disposta a sborsare. Ma era rimasta l’unica concorrente in gara, giocoforza mettersi d’accordo. In quell’occasione Putin mette in conto anche le spese per l’investimento che si accinge a fare a Boara Pisani, per un nuovo centro di cottura con il sistema “cook and chill” (conservazione pasti precotti), che alla fine resterà suo. Incredibilmente la Regione accetta di pagargli le rate, pur di assicurare il servizio.
Un esposto presentato alla magistratura dal segretario della Cgil di Padova Ilario Simonaggio, che denuncia l’assurdo e sostiene la necessità di rifare la gara, finisce disperso. Se ne occupa anche la procura della Corte dei Conti, ipotizzando un danno erariale: qui l’inchiesta minaccia di andare avanti e Putin si affretta a chiudere il contenzioso pagando una penale di 1.600.000 euro.
Oggi la Dussmann Italia, battuta di nuovo, non scrive più a Luca Zaia. L’ingegner Auletta deve aver perso fiducia nella Regione perché si rivolge direttamente all’Anac, l’autorità anticorruzione, denunciando l’insostenibile abuso di posizione dominante raggiunto da Putin. Questo Bill Gates della refezione ospedaliera ha distrutto la concorrenza, impone i prezzi e detta le condizioni. Situazione che va anche a danno di chi pranza in ospedale, come le cronache non mancano di segnalare.
Ma non bisogna pensare a lui come ad un assatanato del guadagno facile, a spese dei malati e di chi ha lo stomaco debole. Mario Putin è un uomo semplice, alla mano. Classe 1949, ultimo di 10 fratelli, ha 5 figli, 45 nipoti e 18 pronipoti. Ha costruito il secondo gruppo italiano della ristorazione che serve ospedali, scuole, mense aziendali e case di riposo in mezza Italia, con una gestione familiare. Non vive nel lusso, non ha aerei, elicotteri, ville in Sardegna. Solo una casa sull’altopiano, a Cesuna. Unico sfizio una Maserati Quattroporte e due settimane di vacanza all’anno a Santo Domingo. «Ma solo perché l’acqua è immobile e poco profonda», ci diceva tempo fa, «e io nuoto solo se tocco con i piedi».
Anche l’origine della sua fortuna, legata alla politica, va precisata: Putin deve tutto a Lia Sartori più che a Giancarlo Galan. È la Sartori che per 15 anni ha determinato le scelte nella sanità veneta. Giancarlo metteva più che altro la firma.
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