Pink Floyd, quell’evento irripetibile Devastanti le foto del giorno dopo

Duecentomila persone a Venezia in una notte: oggi l’invasione è quotidiana. Le dimissioni del sindaco, la rinuncia all’Expo



Un concerto memorabile. E una scia di polemiche e misteri che dura ancora oggi. Pink Floyd a Venezia, trent’anni dopo. Nella memoria collettiva restano le immagini del «disastro». La Piazza sommersa da rifiuti e cartacce la mattina successiva. Duecentomila giovani venuti da tutta Europa ammassati in piazzetta San Marco e Riva Schiavoni. Arrampicati sugli imbarcaderi Actv e sui tralicci dei riflettori, sul tetto delle Prigioni. Un’«invasione» che accese i riflettori del mondo sulla fragilità di Venezia. E pochi mesi dopo fece bocciare dal Parlamento europeo la proposta di far svolgere in laguna l’Esposizione universale del 2000. Venezia era sui giornali di tutto il mondo. Se ne scopriva quel giorno la fragilità. Un luogo inadatto a contenere masse di persone ed eventi di quel tipo. Un presagio che poi si sarebbe avverato. Oggi la città è invasa nei giorni critici da punte di 150-200 mila persone. Senza concerti né avvenimenti di quel calibro. Le navi che entrano a San Marco sono ben più grandi di quell’enorme palco che aveva destato scandalo, montato davanti alle colonne di Marco e Todaro.

Il 15 luglio del 1989, Notte del Redentore, il celebre gruppo rock inglese è «l’ospite d’onore» della serata. Un azzardo, secondo i critici. Perché alla folla tradizionale della festa veneziana con i fuochi di artificio, si somma quella marea di ragazzi arrivati da ogni dove. Concerto gratuito, perché le spese le avrebbe pagate in larga parte la Rai, presieduta allora dal socialista Enrico Manca. Anzi, la sua consociata Sacis di Giampaolo Cresci. L’obiettivo era quello di realizzare una diretta per almeno cento milioni di spettatori, diffondere le immagini dei Pink Floyd a Venezia anche in Unione sovietica e Germania Orientale, quando il Muro era ancora in piedi.

La proposta di organizzare un «Concerto sull’acqua» della band inglese arriva dal loro promoter, il veneziano Fran Tomasi. La giunta rossoverde, guidata allora dal repubblicano Antonio Casellati, approva con molte divisioni la delibera proposta dal socialista Nereo Laroni, ex sindaco e in quegli anni assessore alla Cultura. Serpeggiano i primi dubbi e timori. La città non è preparata a eventi di questo tipo.

La Soprintendenza guidata dalla «lady di ferro» Margherita Asso dà parere negativo pochi giorni prima, l’11 luglio. «Il concerto metterebbe a rischio la città e i suoi monumenti», dice. Ma ormai le trattative sono avviate, i Pink Floy hanno già annunciato il loro concerto in piazza San Marco, sull’onda dell’altrettanto memorabile concerto a Pompei, nell’anfiteatro romano.

Giorni di polemiche e di trattative. Arriva la proposta di spostare il grande palco all’Arsenale, per consentire una distribuzione del pubblico lungo tutta la Riva Schiavoni. Ma il contratto ormai è firmato. E prevede di realizzare il video con le riprese tra le due colonne, telecamere dalla Torre dell’Orologio.

Comune e organizzatori accettano di ridurre le emissioni sonore a tutela dei marmi, e di allontanare il palco in acqua a 150 metri dal Molo di San Marco. Alle 20.50, solo trequarti d’ora prima dell’inizio del concerto, è il vicesindaco Cesare De Piccoli a firmare l’ultima autorizzazione. The show must begin.

Arrivano in Bacino migliaia di barche con a bordo i veneziani, per assistere a uno spettacolo unico al mondo. In mezzo al Bacino, tra le scenografie magiche di Punta della Dogana, palazzo Ducale, San Giorgio e Zitelle, ecco l’enorme palco, montato su una piattaforma galleggiante di di 90 metri per 27. Scenografie ed effetti speciali che avevano appena stupito il grande pubblico dell’Arena di Verona. Il problema sono i giovani stipati in Piazzetta. Alcuni sono lì sotto il caldo torrido dalla mattina, arrivati per conquistarsi i posti migliori. Non hanno acqua, né cibo. Non hanno servizi igienici (la Soprintendenza aveva vietato le toilette mobili). Bar e negozi chiudono le serrande per il timore di subire danni. Rifiutano di offrire ai ragazzi i loro bagni. Qualche malore e molte proteste.

Poi David Gilmour attacca le magiche note di Shine on you crazy diamond. Le polemiche svaniscono dietro un suono speciale. Luci, effetti sonori, emozioni. Novanta minuti di concerto e applausi da San Marco e dal mondo.

Nessun incidente, nessun ferito, solo qualche malore per il caldo e la ressa. L’«evento», come si direbbe oggi, scivola via. Restano per le tv e i giornali di tutto il mondo quelle immagini vergognose con San Marco sommersa dai rifiuti. Ma il concerto dei Pink Floyd resterà anch’esso per sempre impresso nella memoria di chi c’era. —

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