Politiche, il cappotto verde del centrodestra veneto

Grazie al ciclone Lega 52 seggi su 74: Forza Italia arranca. M5S arginato: 12 parlamentari
AGOSTINI AG.FOTOFILM TREVISO CONFERENZA STAMPA SEDE DELLA LEGA AL K3, IN FOTO DA RE, ZAIA, BITONCI
AGOSTINI AG.FOTOFILM TREVISO CONFERENZA STAMPA SEDE DELLA LEGA AL K3, IN FOTO DA RE, ZAIA, BITONCI

VENEZIA. Il “ciclone Salvini” sconvolge il Veneto e il centrodestra vola al 49,1% con 52 parlamentari eletti su 74 seggi, con la Lega al 32,8% che stende al tappeto Forza Italia ferma al 10 e la “quarta gamba” moderata che non supera l’1,5%. Il sistema maggioritario premia il partito più forte e Silvio Berlusconi in tv giorno e notte non ce l’ha fatta a fermare la rimonta del Carroccio che dopo l’uscita di scena di Bossi e Maroni ha conquistare la leadership dei “moderati arrabbiati” da Bolzano a Palermo. La sfida nei collegi uninominali del Veneto è finita 28 a 0: en plein del “forzaleghismo” ancien regime.

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Positivo anche il risultato del M5S al 23,8% con dodici parlamentari, mentre il Pd è scivolato al terzo posto con il 16,6% e appena sette deputati e tre senatori pronti ad approdare a Roma. In termini assoluti una flessione di 5 punti rispetto al 2013. Dalle urne esce il clamoroso tonfo di Liberi e Uguali che in Veneto si ferma al 2,6% pari a 70.650 voti con zero seggi. È un risveglio molto amaro quello di Pierluigi Bersani, Davide Zoggia e Michele Mognato, tutti e tre bocciati al debutto, dopo la scissione dal Pd: l’unico che salva la poltrona è Flavio Zanonato, che da domani può tornare al suo scranno di eurodeputato a Bruxelles.

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L’Osservatorio elettorale veneto. Sono da poco passate le 13 quando l’Osservatorio elettorale di Palazzo Ferro Fini offre una fotografia perfetta con largo anticipo rispetto al Ministero degli Interni. «La mia Lega? Gode di ottima salute. Matteo Salvini trionfa ed è pronto per l’incarico di premier, questa è una svolta storica e dopo trent’anni di battaglie ora siamo pronti a guidare l’Italia», sorride Roberto Ciambetti, presidente dell’assemblea di Palazzo Ferro Fini. «Il primo dato da sottolineare riguarda l’affluenza alle urne che assegna al Veneto il record in Italia con il 79%: ne sono orgoglioso».

Ciambetti sfoglia il dossier che ha sul tavolo e poi snocciola i nomi dei parlamentari del Carroccio: sono 31, un record, guidati dai “veterani” Massimo Bitonci, Erika Stefani e Lorenzo Fontana, il vicesegretario di Salvini che dovrà optare tra Strasburgo e Roma. Come ha fatto la Lega a passare dal 4% al 18 in Italia e dal 10,5 al 32% in Veneto nell’arco di cinque anni e bloccare l’emorragia delle partite Iva verso i grillini? Nel 2013 soffiava la bufera dello “scandalo dei diamanti” di Belsito, con Bossi costretto a cedere la poltrona di leader a Maroni che ha fatto pulizia con la scopa. Poi è arrivato il “ciclone” Matteo Salvini che ha messo il turbo e sbancato le urne con due parole d’ordine: “flat tax e rispediamo a casa gli immigrati”.

I due veri vincitori. «Ci sono due soli vincitori: Matteo Salvini e Beppe Grillo, in uno scenario che sconvolge la geopolitica: la Lega sfonda nelle regioni rosse come Emilia, Toscana e Umbria mentre il M5S fa l’exploit al Sud con il 50% in Campania, Sicilia, Puglia e Sardegna. In Veneto il boom della Lega fa da argine ai grillini, che si fermano al 24 per cento, in netta flessione rispetto a cinque anni fa, lontani dalla media del 32%. Il Veneto delle tasse e dell’impresa a trazione leghista contro il Mezzogiorno che invoca l’aiuto dello Stato e si affida a Di Maio: siamo di fronte ad uno scenario di forte contrapposizione e che mai s’era verificato nella storia italiana. La Lega ha triplicato i voti in Veneto e ora Salvini è atteso alla prova dei fatti con l’incarico da premier», spiega il professor Paolo Feltrin, che azzarda anche una prospettiva da grande-coalizione. Se nel 2013 fu FI a sostenere con le larghe intese i governi Letta e Renzi, ora sarà il Pd a sacrificarsi con l’astensione per garantire la governabilità a Lega e Forza Italia. Sarà così? Ci vuole pazienza. E confidare nella saggezza del Quirinale.

I partiti minori e i bocciati. Il flop di LeU in Veneto rischia di cancellare una generazione cresciuta nel Pci, poi Ds e Pd e pronta alla nuova avventura con Grasso: quel 2,6% è addirittura più basso rispetto al 2,7% della lista Bonino +Europa che a Padova registra un vero exploit con il 5,8% grazie ai voti dei delusi di Renzi che hanno scelto la leader radicale. A Venezia invece Michele Mognato di LeU incassa il 5% a spese di Nicola Pellicani, ma il giornalista diventa deputato grazie alla tenuta del Pd nel proporzionale.

Sorprese in Fratelli d’Italia con Sergio Berlato che per una manciata di voti non conquista il seggio e resto a Venezia perché a sbarrargli la strada sono Daniele Santanché e Adolfo Urso. Doccia fredda per Fabio Franceschi, che sta sgomitando con Marco Marin per un posto di deputato tra Vicenza e Verona nelle liste di Forza Italia: un motivo in più per stampare a Trebaseleghe i romanzi con le trame thriller e i complotti della politica.

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