predappio nega auschwitz È l’eclissi della ragione

Come perdere tre cose in un colpo solo: un treno, la testa, la faccia. Basta e avanza, come performance, per regalare qualche ora di deteriore visibilità a Roberto Canali, il sindaco di Predappio che rifiuta di contribuire al viaggio di uno studente ad Auschwitz perché lo ritiene di parte: scelta tale da dare ragione a Leo Longanesi, quando faceva notare che essere intelligenti non è un obbligo. Ma sarebbe sbagliato liquidarla come l’uscita episodica di un Carneade di periferia: è invece il frutto di un inquinamento climatico del vivere collettivo non meno esiziale di quello dell’ambiente. E che facendo leva sulla violenza del linguaggio e dei gesti, avvelena la convivenza civile e provoca l’eclissi della ragione.
La responsabilità primaria di questa nauseabonda cloaca riguarda la politica: che non da oggi, anziché guidare i processi sociali, non solo li rincorre ma li amplifica, in un gioco perverso di tutti contro tutti. Ogni singola dichiarazione di tanti suoi protagonisti, dai grandi problemi alle questioni spicciole, è dettata dalla ricerca ossessiva di un consenso peraltro effimero: dove le urla si sostituiscono alle parole, gli insulti al confronto, la mistificazione ai fatti. Dando vita a un assordante frastuono in cui troppi inquilini delle istituzioni si riducono a patetici accattoni dell’applauso, pronti a colonizzare la ribalta mediatica come i lavavetri ai semafori, pur di racimolare spiccioli di notorietà. E se i leader nazionali si accaparrano le postazioni più redditizie, i loro accoliti sparsi nel territorio occupano gli spazi periferici, scimmiottandone le sparate e le sciocchezze: l’importante è esagerare. Con il risultato di ridurre il confronto politico al bipolarismo bonsai tra Lilliput e Blefuscu magistralmente descritto da Jonathan Swift. Salvo un’unica ma fondamentale differenza: qui non c’è nessun Gulliver. Dovrebbe esserci pur sempre un limite anche alla più squallida delle rappresentazioni. Invece no. Non va liquidata come una semplice sciocchezza, quella di Predappio: utilizzare una delle più grandi tragedie della storia per piegarla ad una squallida contabilità delle vittime piegata a una logica di parte. No, non è una delle tante cialtronerie vomitate quotidianamente: è un intollerabile oltraggio. Ai morti di Auschwitz, prima di tutto: a partire dai 230mila bambini e ragazzi “i cui corpi sono stati trasformati in volute di fumo sotto un cielo muto”, come ha scritto Eli Wiesel. Ma anche ai vivi: a chi crede che quella barbarie vada non solo condannata senza se e senza ma, ma anche continuare a essere combattuta. La collera per ciò che è successo, l’impegno perché non debba mai più ripetersi. Ecco perché i treni per Auschwitz vanno sempre riempiti. “Auschwitz rimane nell’aria. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”, ha ammonito Primo Levi, una delle grandi vittime sfuggite al campo di sterminio ma non alle sue piaghe postume. Tutti assieme, liberiamoci dagli untori. —
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