«Quel beep è un incubo, non dormo»

La donna: il “braccialetto elettronico” imposto al mio ex marito non mi rende sicura
25/11/2013 Roma. Nella Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne Flash mob davanti la sede Nazionale CGIL con lettura di brani " Ferite a Morte". Nella foto rose tra le scarpe rosse
25/11/2013 Roma. Nella Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne Flash mob davanti la sede Nazionale CGIL con lettura di brani " Ferite a Morte". Nella foto rose tra le scarpe rosse

VENEZIA. «Non mi sento sicura. Nemmeno oggi. Neppure con il beep che ogni minuto mi ricorda che sono una sorvegliata speciale anche io». Senza distanza di sicurezza. L'ex marito non si può avvicinare. Se lo fa, suona l'allarme. Il problema è che la distanza imposta dal giudice per farlo scattare è di appena 250 metri: l’ex marito è stato arrestato, ora porta la “cavigliera” braccialetto-elettronico, mentre lei ha accettato un cellulare gps che controlla la distanza ed emette suoni.

Strano modo di parlare quello di Debora, la donna che da qualche giorno sperimenta il controllo (elettronico) a distanza dell'ex marito accusato di essere uno stalker violento. Cerca di proteggersi dalla violenza e dalla persecuzione dell'ex con il “braccialetto elettronico”, ma sente che ancora non funziona. «La notte non riesco a dormire. Mi sdraio sul divano, davanti alla porta di ingresso, ma è inutile. Non prendo sonno». Non è un modo di dire. È così da mesi. Da giugno 2016 la situazione è precipitata. Debora perde 35 chili, dopo l'ultima aggressione. La più violenta: calci, pugni, il referto al pronto soccorso.

«Almeno dopo quella volta ho avuto il coraggio di lasciarlo, dopo quasi 20 anni di matrimonio. Ma non è stato facile». A giugno il marito torna a casa. L'aggressione è più violenta del solito. L'uomo è convinto che la moglie abbia una relazione extraconiugale. Circostanza smentita, conferma il legale di Debora, l'avvocato Matteo Lazzaro. E allora piovono giù pugni, calci, botte in testa. Così scatta l’arresto: l'accusa è di stalking aggravato. L'uomo resta agli arresti domiciliari. A dicembre, la svolta. Debora chiama l'avvocato. «Mi propongono una soluzione alternativa. Il controllo elettronico a distanza. Il braccialetto elettronico per il mio ex marito. A me fornirebbero un dispositivo, una specie di cellulare, che emette suoni, un allarme, per avvisarmi se si supera il limite di sicurezza imposto dal giudice. Che cosa facciamo?». La scelta non è semplice. Debora può opporsi. Ma l'alternativa - ammette l'avvocato - è che il giudice, in sede di riesame - revochi gli arresti domiciliari. E che Debora si ritrovi senza alcuna forma di protezione. «Solo per questo ho accettato di portare il dispositivo con il gps. Il mio ex marito gira con la cavigliera, ma sono io a sentirmi ingabbiata. Ci sono luoghi che evito per non incontrarlo. Ogni minuto, il dispositivo emette un beep fortissimo che mi ricorda la mia condizione. Non mi sento libera di muovermi. E neppure molto protetta». Non è che il dispositivo non funzioni. Anzi. Funziona benissimo. Il problema è la distanza di sicurezza imposta. L'allarme scatta - su ordine del giudice - quando l'ex marito si avvicina a meno di 250 metri da Debora. Ma 250 metri non sono nulla. «Anche un uomo in cattiva forma fisica li può percorrere in 30 secondi, in un minuto». E in un minuto una pattuglia non riuscirà «mai a raggiungermi».

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