Rabesco: il (quasi) racconto inedito firmato da Nico Stringa

Teenage boy sitting on haystack, South Dakota, USA
Teenage boy sitting on haystack, South Dakota, USA

Rabesco (quasi un racconto)

Rabesco cammina all’indietro.

Avrà dieci anni - e cammina all’indietro.

Eccolo venire da laggiù, retrocedendo a piccoli passi, solo chi conosce a memoria può camminare come lui, ogni suo passo è un ritorno, eccolo il ritornante, che smuove tanta gente a parlare di lui.

Mentre noi, la maggior parte di noi, lo osserviamo avvicinarsi, lui guarda l’oggetto che si allontana, osserva la dissolvenza.

Solo dopo la sua sparizione, in tanti o pochi, abbiamo capito.

Era una necessità.

Perché Rabesco? Nessuno lo sa. Così l’ha chiamato qualcuno, senza motivo. E così tutti hanno continuato a chiamarlo. Poi, un giorno, non l’abbiamo visto più e con lui se n’è andato anche il suo nome.

Cosa non c’è in un nome, ha scritto qualcuno. Ma nel suo, di nome, nel nome Rabesco, non c’era niente. Non la sua ascendenza, non i suoi parenti, non il suo carattere, la sua forma. Niente. Neanche lui, perché per gli altri era niente. Era una scheggia, un qualcosa in movimento. Un contrattempo.

Era stato trovato, addormentato, su un carro di fieno. Non parlava, non ha mai parlato. E non sentiva. Non sentiva ma ascoltava a volte, ed era come se sognasse. Chiudeva gli occhi, apriva la bocca e aspirava.

Rabesco si teneva a distanza.

Compariva all’improvviso (sapeva anche correre) e allo stesso modo spariva. Dormiva nei fienili e accettava qualcosa da mangiare, aspettando sulla porta. Ringraziava annuendo. E scappava via.

Rabesco ha fiuto.

Non si può essere precisi e dettagliati se si parla di lui. La sua figura si sta continuamente slontanando. Mentre ti guarda indietreggia. E con lui se ne va anche la sua sfuggenza. Ma è un sottrarsi che permane, anche perché mentre se ne va – ti osserva.

Rabesco ha il sesto senso. Ha mosse tutte sue per orientarsi. Lui vede senza guardare. E’ come se conoscesse tutto da sempre. Agevolato dall’andamento regolare dei fossi e dei sentieri, dagli spazi ampi e ben battuti delle aie, dalla struttura lineare dei prati, Rabesco si aggira con sicurezza. Raramente inciampa ma in quel caso si sofferma, seduto, a pensare. La caduta lo sorprende come fosse sempre la prima volta.

Rabesco manca da tanto tempo. Tornerà? Si farà vivo? O nel frattempo è diventato uomo e ha imparato a camminare come tutti noi? In questo caso non lo vedremo più.

Qualche bambino si prova a imitarlo. Ma nessuno si impegna più di tanto. Inciampano subito e si ride. Si ride ma si pensa a lui, a Rabesco, a Rabesco-che-non-torna.

Manca e ci manca. E allora qualcuno a scuola disegna o dipinge il suo “ritratto”. Così in molte case del paese, anche nella mia, c’è un “ritratto” di Rabesco.  E’ ripreso di spalle.

Qualcuno sostiene di averlo visto passare veloce tra i campi.

Altri dicono che è stato notato a Venezia.

In una stalla è stata vista un’impronta sul fieno, così si parla di Rabesco che forse ha dormito qua.

Rabesco è irrequieto, sente il tempo. Sarà

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L'autore. Nico Stringa, nato a Nove (Vicenza) nel 1949, vive e lavora a Venezia. Docente di Storia dell’Arte Contemporanea a Ca’ Foscari, collabora con importanti istituzioni culturali e con i principali Musei italiani. I suoi principali campi d’interesse sono la pittura e la scultura dalla fine del ’700 a oggi, e le arti decorative del XIX e XX secolo. Curatore di numerose mostre, è anche autore e compilatore di varie pubblicazioni.

Audio. Ascolta la lettura del racconto

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