Referendum indipendenza? Forse nel 2029

VENEZIA. Il referendum per l’indipendenza del Veneto? Di questo passo ci arriviamo nel 2029, secondo semestre. A un mese di distanza dall’apertura di un conto corrente istituzionale, intestato alla Regione del Veneto, per la raccolta di fondi per celebrare il referendum fortemente voluto dal governatore Luca Zaia, il saldo piange. Sono stati raccolti, ad ieri, poco più di 76 mila euro: esattamente 76.244,03 centesimi. Un’inezia rispetto ai 14 milioni di euro necessari per celebrare regolarmente il referendum per separare il Veneto dall’Italia. A compiere i versamenti sul conto, finora, sono stati 885 bonifici, per una media di 86 euro a bonifico. Ma insomma di questo passo il risultato è irrangiungibile.
Del resto, la temperatura separatista è sensibilmente scesa dopo la svolta «nazionalista» di Matteo Salvini, che ha virato la Lega Nord sulla strada dell’autonomia: «Il Veneto - ha spiegato Salvini – è circondato dal Trentino e dal Friuli, che fanno competizione da tutti i punti di vista. Penso che una via graduale all’indipendenza possa passare attraverso l’autonomia. Se ci sono due regioni a statuto speciale di fianco, non si vede perché non possa diventarlo il Veneto e anche la Lombardia».
Sipario sull’indipendenza del Veneto. E anche Zaia non si più pronunciato sull’argomento, infilando in un vicolo cieco la questione dell’indipendenza. Nella Lega una vittoria di Tosi, da sempre nazionalista convinto e contrario al separatismo.
Domenica, intanto, in Catalogna rischia di scoppiare una guerra civile. Perché la consultazione referendaria indetta dal governo regionale è stata impugnata dal governo di Madrid e la Catalogna ha perso tutti i ricorsi. Nelle città catalane, dunque, gli indipendentisti vogliono promuovere dei seggi volanti. Madrid, preoccupata per ragioni di ordine pubblico, ha spedito settemila agenti di polizia per garantire la sicurezza dei cittadini.
Il tribunale amministrativo ha respinto infatti all'unanimità il ricorso - informano fonti giuridiche citate dai media - sottolineando la sua inammissibilità, dal momento che la competenza esclusiva in materia è della Corte costituzionale e di nessun altro organo giurisdizionale dello Stato spagnolo.
Il ministro di giustizia, Rafael Català, ha chiesto al governo regionale di stare fuori dalla consultazione:
«Se la Generalitat della Catalogna non promuove azioni per lo sviluppo di una consultazione non autorizzata, non sembra sarà necessario richiedere nè alla Corte costituzionale nè a giudici e tribunali di agire per impedire una violazione dell'ordinamento giuridico.
In una democrazia come quella spagnola - ha assicurato il ministro di giustizia - ogni giorno in molti ambiti della nostra geografia si producono movimenti popolari di raccolta di firme». In altre parole, la consultazione non avrebbe altro valore che quello di un sondaggio di opinione e «nessuno impedirà iniziative di questo tipo».
Daniele Ferrazza
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