Ricerca sui tumori: le 90 candeline del professor Pagano. «Padova e il Veneto leader nella ricerca. Ecco perché»
PADOVA. Una – lunga – vita dedicata alla ricerca. Questo festeggia oggi il professor Francesco Pagano spegnendo 90 candeline nell’ambito di una festa assolutamente privata in Sala dei Giganti, in cui amici e rappresentanti delle istituzioni lo celebreranno e, soprattutto, lo ringrazieranno per il lavoro svolto fin qui e per quanto sarà ancora disposto a fare: «L’anno prossimo chiudo con la presidenza del Vimm, e poi mi dedicherò alla ricerca» dice lui senza esitazioni. La ritrosia, semmai, è per gli eventi come quello di oggi, in cui ad essere in primo piano è lui e non solo i suoi risultati scientifici.
Dalla nascita, appunto l’8 settembre del 1932 a Messina, all’arrivo a Padova nel 1964 per la specializzazione, il salto è stato breve e a senso unico.
Da allora sono passati quasi 60 anni: nel frattempo Pagano è stato direttore dell’Istituto di Urologia di quella che è oggi l’Azienda Ospedale Università ed è ancora presidente della Fondazione per la Ricerca Biomedica Avanzata di cui il Vimm, l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare è braccio operativo.
Nel frattempo la voce si è fatta più lieve e certo il corpo appare meno vigoroso di un tempo, ma non il piglio che si accende soprattutto quando si nomina la ricerca.
Professore, che effetto le fa tagliare un traguardo così importante ancora in prima linea?
«Eh, sono stati gli eventi a portarmi fino a qui. Avrei preferito mollare prima, in realtà avrei preferito non fare del tutto il presidente del Vimm, io lavoravo per la ricerca, ma le cose sono cambiate negli ultimi anni, c’era bisogno ed eccomi ancora qui».
Come sta secondo lei la ricerca a Padova?
«È sempre centrale e questo grazie all’Università che in questo campo svolge una grande attività. Al punto che quando ho voluto fare ricerca come chirurgo mi sono dovuto appoggiare alla ricerca universitaria dove c’era un humus particolare. L’ex rettore Rizzuto con il suo centro nazionale sulla terapia genica è proprio il prodotto di quell’humus che dicevo che ha fatto la storia dell’Università. Ma la ricerca ha prodotto grandi risultati anche al Vimm: quando siamo partiti eravamo un piccolo gruppo mentre ora sono 20 con 250 ricercatori, siamo all’avanguardia nel mondo per i mini organi. Un successo al di là di tutte le aspettative: il problema è che in un Paese in cui lo Stato non ti aiuta bisogna crederci, starci dietro. Ti ritrovi da solo».
Crede quindi che Padova possa rivendicare ancora un ruolo di avanguardia nella ricerca o che corra il rischio di essere superata da Verona?
«Dal punto di vista della ricerca Padova è un passo avanti a Verona e a tutto il Veneto, in Italia è seconda solo a Bologna, lo dicono i risultati».
Quali sono i suoi obiettivi a questo punto?
«Voglio riuscire a “contagiare” l’opinione pubblica, arrivando a farle capire e a credere finalmente che “ricerca” non è una parola vuota, poiché non solo rappresenta il futuro, ma ha anche ricadute economiche incredibili».
Facciamo un passo indietro nel tempo. Quali sono i ricordi più belli della sua carriera?
«Quando dirigevo l’Urologia ricordo la crescita fantastica della ricerca clinica: grandi risultati li abbiamo ottenuti anche nel tumore alla vescica. Una volta di fronte a questa patologia non restava che togliere la vescica e deviare l’urina in un sacchetto esterno. Noi invece abbiamo creato la Vescica Ileale Padovana, costruita con un segmento intestinale e collocata nella sede della vescica naturale. Inoltre, siamo riusciti a realizzare il primo Centro di urologia pediatrica d’Italia che è diventato un riferimento mondiale. Del resto nella clinica fare ricerca è necessario per non essere sorpassati».
Qual è invece il momento più brutto che ricorda?
«Quando siamo partiti con il Vimm. Andavo qua e là a chiedere fondi ai privati ed ero disperato. Alla fine il dottor Pontello, al tempo direttore della Banca Antoniana mi disse: così perdi tempo, rivolgiti a un gruppo di imprenditori e crea una fondazione. Ero convinto di fare un buco nell’acqua».
Perché è ancora alla guida del Vimm, non c’è ricambio?
«No, ci sono successori validi anche tra i nostri ricercatori, ma non sta a me indicare i nomi. Mi sono ritrovato presidente sei anni fa quando Muraro ha lasciato e visto che il presidente rimane in carica sei anni, ho fatto quello che c’era da fare portando a termine il mio mandato. Ma l’anno prossimo arrivo a scadenza e chiudo e toccherà al Cda individuare il mio successore».
A quel punto cosa farà, si concederà una vacanza?
«Tornerò a seguire la ricerca nel mio campo, quello del tumore alla prostata».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova