Sanità in Veneto, la grande fuga dei medici dagli ospedali pubblici: «Così servizi a rischio»

Accorata lettera firmata da Ivan Bernini, segretario regionale della Funzione pubblica di Cgil, per riportare il dibattito su un fenomeno che si è intensificato negli anni segnati dal Covid. Quando una lunga serie di medici ha deciso di appendere il camice al chiodo, oppure di migrare verso il privato
Laura Berlinghieri

VENEZIA. Università e politica dibattono sulla questione del numero chiuso. Eppure c’è un altro fenomeno che sembra scomparso dai radar: la fuga dei medici dagli ospedali.

È questo, in sintesi, il senso dell’accorata lettera firmata da Ivan Bernini, segretario regionale della Funzione pubblica di Cgil, per riportare il dibattito su un fenomeno che si è intensificato negli anni segnati dal Covid. Quando una lunga serie di medici ha deciso di appendere il camice al chiodo, oppure di migrare verso il privato. Un fenomeno che, intrecciandosi all’insufficienza di medici che viene formata ogni anno, crea quel quadro di difficoltà nel quale è immersa la sanità veneta.

«Parliamo di personale dipendente che, anche grazie all’elusione di norme vigenti, si dimette dal rapporto di dipendenza dalle strutture pubbliche per scegliere rapporti libero professionali da esercitare sia nelle strutture pubbliche – un paradosso – che private. Un fenomeno indotto non solo da aspetti di natura economica, ma anche dalle condizioni di lavoro» precisa Bernini.

L’esito è lo smantellamento di interi servizi, da parte del pubblico. Parallelamente costretto a pagare fino a 120 euro all’ora i professionisti esterni, che hanno deciso di intraprendere la ben più remunerativa strada del privato. «Il paradosso è che quanto si è voluto contenere prima in termini di spesa – dai vincoli alla spesa lineari senza margini di flessibilità organizzativa, al blocco delle assunzioni, fino al reiterato blocco delle retribuzioni – si perde ora con un sostanzioso aumento della spesa pubblica – con spostamenti nei bilanci da spesa del personale ad acquisto di prestazioni. Un aumento che rischia concretamente di causare il default dei bilanci delle strutture pubbliche e l’interruzione dei servizi». Effetto, quest’ultimo, che in alcune in realtà si è già materializzato. In altre, invece, per scongiurarlo è stato necessario ricorrere totalmente al privato, come dimostra la condizione di diversi Pronto soccorso degli ospedali veneti, ormai interamente gestiti dalle cooperative esterne.

Dal primo gennaio 2019 al 30 giugno 2022 sono infatti 1.759 i medici e 3.209 gli infermieri che si sono dimessi dalle strutture pubbliche della nostra regione. Un fenomeno di fronte al quale Cgil Fp propone le sue soluzioni: «Finanziamenti straordinari al fondo sanitario. Soluzioni organizzative che considerino politiche di “age management”, sostenendo percorsi per il personale più anziano. E norme che parifichino i compensi per i medici pubblici e privati, a parità di mansioni. Ma tutto questo va fatto subito». l.b.

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