Scandalo Mose, perquisizioni anche alla Vigilanza del Consorzio

VENEZIA. I finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Venezia non hanno perquisito soltanto gli uffici delle otto società, i cui dirigenti sono finiti sotto inchiesta per corruzione nell’ambito...
Di Giorgio Cecchetti
CAIAFFA VENEZIA 03.10.2008.- CERIMONIA PER LA PARTENZA DEI MOORING DOLPHINS DEL TERMINALE ADRIATIC LNG. GALAN, MAZZACURATI.- INTERPRESS
CAIAFFA VENEZIA 03.10.2008.- CERIMONIA PER LA PARTENZA DEI MOORING DOLPHINS DEL TERMINALE ADRIATIC LNG. GALAN, MAZZACURATI.- INTERPRESS

VENEZIA. I finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Venezia non hanno perquisito soltanto gli uffici delle otto società, i cui dirigenti sono finiti sotto inchiesta per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sul Mose, ma hanno «visitato» anche le case e gli uffici dei quattro componenti dell’Organismo di Vigilanza del Consorzio Venezia Nuova. Si tratta di un alto dirigente del ministro delle Infrastrutture di Roma, Lorenzo Quinzi, per lunghi anni direttore presso la Direzione generale; di Aldo Cappello, direttore del Personale presso lo stesso ministero; di Massimo Anitori, dirigente del ministero dell’Economia a Roma; e, infine, del manager milanese Giorgio Faravelli. A differenza di «Mantovani», «Adria Infrastrutture», «Consorzio Venezia Nuova», «Grandi lavori Fincosit», «Cooperativa San Martino», «Co.Ed. Mar» e «Condotte d’acqua», i quattro non sono indagati. Le «fiamme gialle», tra le loro carte e nei loro computer, hanno cercato tutta la loro corrispondenza intrattenuta con i vertici del Consorzio Venezia Nuova.

In base alla legge 231 del 2001, riguardante la responsabilità amministrativa da reato delle imprese, oltre al modello organizzativo occorre anche procedere alla costituzione dell’Organismo di vigilanza e all’introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. La norma in questione non dà alcuna indicazione sulla struttura e sulla composizione dell’Organismo di vigilanza, salvo stabilire che deve essere «dotato di autonomi poteri d’iniziativa e controllo», che deve «vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli» e curarne il loro aggiornamento. Stando alle accuse dell’ inchiesta bis e, soprattutto, vista la corruzione imperante nella gestione dei rapporti tra il Consorzio e le imprese che ne facevano parte da un lato e la pubblica amministrazione (politici, tecnici e funzionari) dall’altro, non solo funzionava un modello di comportamento riprovevole, ma soprattutto l’Organismo di vigilanza non ha svolto il suo ruolo. Il sospetto dei pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini è che i quattro componenti dell’Organo fossero legati a doppio filo con Mazzacurati e i vertici del Consorzio e non fossero indipendenti: gli investigatori ne avrebbero avuto la conferma dagli atti. I quattro componenti, che avrebbero dovuto avere un alto grado di autonomia, sarebbero stati anche nominati consulenti dal Consorzio per i collaudi del Mose, ricevendo in cambio notevoli cifre. Un sistema, questo, utilizzato spesso dall’ex presidente, finito in manette, e dai suoi collboratori: sono numerosi, infatti, gli alti funzionari del ministero delle Infrastrutture, dell’Economia e del Magistrato alle acque ai quali venivano offerte e pagate consulenze d’oro. Ed erano gli stessi che avrebbe dovuto poi verificare il funzionamento delle paratoie alle bocche di porto e i conti dei finanziamenti pubblici.

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