Scontro sulle Ater in Veneto, non saranno prelevati 5 milioni

La Regione nel 2025 non riscuoterà lo 0,4% sui canoni di locazione, quota che resterà a disposizione dell’edilizia pubblica

Annalisa Girardi
Elena Ostanel, consigliera regionale
Elena Ostanel, consigliera regionale

Quasi cinque milioni di euro a disposizione dell’edilizia residenziale pubblica.

È questa la somma che la Regione Veneto metterà a disposizione delle Ater, che da tempo lamentano una mancanza di fondi che rende impossibile realizzare tutti gli interventi di ristrutturazione che servirebbero alle case popolari sul territorio.

Gli alloggi infatti non mancano, ma tanti di questi sono sfitti: impossibili da abitare in quelle condizioni.

E allora la Regione ha deciso di accantonare delle risorse, che sicuramente non sono sufficienti per mettere mano a tutto il patrimonio immobiliare delle Ater, ma rappresentano comunque un segnale.

Il provvedimento

Il 17 dicembre in Consiglio regionale è cominciata la sessione finale dell’anno, che mette sotto esame gli ultimi provvedimenti della manovra finanziaria: il Bilancio di previsione 2025-2027 e il Collegato alla legge di stabilità.

E proprio in quest’ultimo è contenuto un articolo che propone di modificare la legge regionale del 2017 in materia di edilizia residenziale pubblica, «abrogando la previsione del versamento alla Regione di una quota delle somme riscosse da Comuni e Ater per i canoni di locazione degli alloggi, commisurata al valore locativo dei medesimi, cioè lo 0,40 per cento annuo del valore locativo».

Insomma, la Regione non incasserà questa quota, lasciando quindi alle Ater, a partire dal prossimo anno, 4.900.000 euro nelle casse.

Una norma sostenuta trasversalmente, ma non sono mancare le puntualizzazioni.

La denuncia

«Finalmente, dopo sette anni dalla sua entrata in vigore, arriva una retromarcia dalla giunta sulla legge regionale che ogni anno incamerava dalle Ater più di 4 milioni di euro, trattenendo lo 0.04 per cento del valore immobiliare senza obbligo di reinvestirlo in edilizia residenziale pubblica. Verrebbe da dire meglio tardi che mai, se non fosse per il ritardo con il quale arriva questa scelta, che nel frattempo ha tolto alle Ater 35 milioni di euro, risorse più che preziose», ha commentato la consigliera del movimento civico Il Veneto Che Vogliamo, Elena Ostanel.

Insomma, più che festeggiare per la buona notizia bisognerebbe dire chiaramente quante risorse sono state tolte alle Ater in questi anni, sostiene. Senza che queste venissero reinvestite sul diritto alla casa o sull’emergenza abitativa. Con tutte le conseguenze del caso sull’edilizia pubblica e sociale.

I ritardi

«Il ritardo nell’approvare l’abrogazione della norma ha portato ad avere un patrimonio immobiliare sempre più vetusto. Perché il patrimonio immobiliare sfitto nella nostra Regione è passato dal 7 per cento dall'anno precedente l'elezione di Luca Zaia, nel 2009, a più del 18 per cento attuale. Ricordo, inoltre, che è datato 15 giugno 2023 un mio progetto di legge che proponeva di abolire la stessa norma, raccogliendo le esigenze delle Ater, che lo chiedevano da tempo. Questo è il ruolo delle minoranze che piaccia o no, spingere a fare cose che prima parevano impossibili».

La replica

A replicare a questo intervento è stato Enrico Corsi, consigliere della Lega che in passato è stato presidente delle Ater di Verona.

«Tra il 2021 e il 2024 le Ater di Verona sono intervenute con lavori su 2.250 alloggi, pari al 42 per cento del patrimonio, che è circa di 5.500 edifici, per lavori pari a 180 milioni di euro. Ovviamente si può sempre fare di più, ma questi numeri sono la dimostrazione di una gestione ottima», ha detto, sottolineando che se le cose si sono fatte complicate in alcun momento è stato soprattutto per «una forte lungaggine burocratica».

I dati

Secondo gli ultimi dati disponibili, le Ater in Veneto gestiscono poco meno di 41 mila alloggi - per la precisione 40.804 - e quasi 8 mila di questi - 7.850 - sono sfitti.

Il problema è sempre la manutenzione. Queste case non rimangono vuote perché non ci sono richieste, anzi. In ogni provincia ci sono centinaia e centinaia di famiglie in attesa di un alloggio.

Il problema è che al momento sono inabitabili, bisognerebbe fare degli interventi di ristrutturazione. Lavori, però, che costano.

E molto più di qualche milione di euro.

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